lunedì 8 aprile 2013

A volte faccio bene a odiare la gente




Come vi ho raccontato, ho passato un buon Natale, ma ora mi prudono i piedi: credo sia l’ora di accumulare altri giorni per ottenere il secondo visto.
Dopo le feste inizio a sfogliare il mio WWOOF book per individuare una possibile area di interesse. New South Wales. Ma perché no? Mando mail a nastro, e la prima risposta che mi arriva è da tale Peter. La sua mail è molto dettagliata, mi spiega che tipo di farm gestisce con la sua famiglia, mi racconta degli altri wwoofer che hanno avuto e mi chiede qualcosa di me. Ricevo anche una mail da un altro farmer, che dice semplicemente: puoi venire a partire dal 2 gennaio. Beh, la mail di Peter mi ha colpito molto di più: voglio fidarmi del mio istinto, e prendiamo accordi. Volerò a Sydney, quindi da lì prenderò il bus per Canberra, dove Peter verrà a prendermi.

Devo però passare una notte nella capitale del NSW, e quindi decido di appoggiarmi a uno dei miei contatti: Francesco, esule vanzaghese (!!!) che è arrivato in Australia pochi mesi prima di me e si è stabilito a Sydney. Pensate che a casa ci siamo rivolti la parola forse 2-3 volte, ci siamo conosciuti solo dopo aver saputo dei rispettivi piani di viaggio, eppure da quando sono arrivata, pur essendo rimasti in contatto in maniera molto sporadica, è sempre stato davvero gentile e disponibile. E questa volta non è da meno: “Arrivo a Sydney! Non è che hai qualche metro quadrato dove posso passare la notte?” “Certo! Basta che ti accontenti… la nostra casa è un porto di mare.” Vi pare che mi faccio scoraggiare da una cosa del genere? Soprattutto davanti ai prezzi esorbitanti di Sydney, soprattutto in questo periodo dell’anno (a quanto pare, tutti vogliono essere a Sydney per capodanno). 


Mi faccio dare l’indirizzo e arrivo al porto di mare. Mi accoglie un ragazzo argentino: “Ciao, sono l’amica di Francesco, tu sei il suo coinquilino?” “Sì, sì, prego, entra.” In cucina trovo altre 4 persone, che non mi rivolgono la minima attenzione, come se fosse normalissimo ritrovarsi un’estranea in salotto con borse e valigie. Beh, mi metto sul divano e aspetto, Francesco mi ha detto che sarebbe rientrato tardi dopo aver passato il capodanno fuori città. Nelle ore seguenti c’è un via vai di gente che non vi potete immaginare, fino alla sconvolgente rivelazione: in casa vivono 10 persone. E credo di non averle neanche incontrate tutte.

E continua ad arrivare gente

Intorno alle 9 ecco rientrare Francesco, con tanto di cena thai. Il tempo per lui di posare la valigia, sistemarsi, e iniziamo a chiacchierare delle rispettive esperienze in Italia e in Australia. Chiacchieriamo, chiacchieriamo, che tiriamo forse l’una di notte. Mi pare un’ora più che dignitosa per andare a dormire: la mia camera per stanotte è una specie di sala da pranzo adibita a sgabuzzino, con un tavolo, un caminetto, una mensola per i libri e un frigorifero (con tutta quella gente in casa, non basta certo il frigo in cucina). Stendo a terra un materasso da campeggio, e buonanotte.

Il giorno dopo, con lo spauracchio che la padrona di casa si presenti per un controllo, mi sveglio presto, smonto il letto e mi preparo. Mentre faccio colazione, ricevo una sgradita sorpresa: una mail da The Hostel. L’ostello delle pulci. La mail mi chiede di cancellare le recensioni negative che ho scritto su diversi siti di viaggio. In questi termini: “cease and desist your defaming actions. OR LEGAL ACTION WILL FOLLOW”. Il maiuscolo è loro. Se non cancellerò le recensioni e non firmerò la dichiarazione che mi allegano (in cui mi impegno a non scrivere più nulla del genere), mi denunceranno per diffamazione. Non ci posso credere. Maledetti bastardi. Giusto questo mi mancava. Ancora incredula, chiedo consiglio a Max, che mi suggerisce di ignorarli, probabilmente stanno solo bluffando. Me lo auguro. Passiamo quindi a cose più piacevoli. L’autobus per Canberra parte solo a mezzogiorno, ma questa mattina ho un appuntamento importante: la mia cara amica Luciana! Lei e il suo ragazzo hanno passato il capodanno a Sydney, e prima di concludere il suo anno australiano vuole godersi questi ultimi giorni Downunder. Francesco mi accompagna alla stazione della metro – e non posso fare a meno di apprezzare il quartiere in cui vive, davvero un posto pittoresco, per nulla turistico – ci salutiamo e come di consueto ci auguriamo buona fortuna. Lascio un amico, e ne trovo un’altra. Appuntamento davanti a Woolworth’s, ecco Luciana! L’ultima volta che ci siamo viste è stato a Byron Bay, ricordate? Come al solito siamo di fretta, abbiamo giusto il tempo di raccontarci le ultime settimane mentre andiamo verso la stazione degli autobus, ma è sempre un piacere incontrarla. Oggi però siamo tutte e due un po’ più tristi, chissà quando sarà la prossima volta che ci vedremo. Ci abbracciamo e salto sull’autobus con le lacrime agli occhi. Ora è meglio pensare alla prossima tappa.

Stazione degli autobus di Canberra, attendo Peter. Che si presenta poco dopo, un signore di circa 50 anni vestito in maniera un po’ eccentrica, tipo contabile di inizio secolo (scorso). Come al solito sono molto nervosa quando incontro un nuovo ospite, cerco di capire il più possibile dai minimi dettagli. Lui invece è molto meno discreto, e inizia a bombardarmi di domande, e a ogni mia risposta emette uno strano “Mmm…”. Cerco di fare anche io qualche domanda, ma è molto parco di parole e informazioni. Nel frattempo, guida, guida, fra le colline che circondano la capitale, finché non attraversiamo il confine dell’ACT (Australian Capital Territory) ed entriamo in New South Wales. Ispirata dal paesaggio, gli chiedo se ci sono molti vigneti nella zona, e mi risponde: “Mmm… sì. Ma noi non beviamo alcolici.” Mmm, cominciamo bene. E guida, e guida… alla fine la sua farm non è così distante dalla città, forse 40 minuti, eppure sono sembrati un’eternità. Mi mostra la mia stanza, una camera piuttosto grande ma piuttosto spartana ricavata dal capanno degli attrezzi, e mi porta a conoscere Lynn, la moglie. L’impressione che ho di lei è leggermente migliore, anche se pare una donna un po’ troppo sulle sue, con la testa fra le nuvole. In seguito decido che la signora è succube del marito. Comunque, appena il tempo di riposarmi un attimo, e già Peter mi assegna una missione: aiutarlo a piantare le zucchine. Durante il lavoro iniziamo a parlare per conoscerci meglio, e devo dire che mi pare sì un po’ strambo, ma tutto sommato ok. Ahimè il mio istinto ultimamente fa cilecca.

Il giorno seguente si comincia alle 7.30, e bisogna riparare l’impianto di irrigazione. Peter dà qualche direttiva, poi mi lascia a lavorare con Christine, la figlia minore. Finalmente incontro un membro della famiglia sano di mente! Il lavoro comunque è infame, e per fortuna dopo un po’ vengo indirizzata nell’orto a strappare le erbacce insieme a David: trattasi di ragazzone diciassettenne, figlio del pastore della parrocchia che la coppia frequenta, che lavora qui durante le vacanze di Natale. Il ragazzo è molto amichevole, chiacchieriamo che è un piacere, spettegoliamo sul boss. Gli chiedo che ne pensa: “Beh, non so se l’hai notato. Sono… strani, tutti e due.


Sono proprio loro!

Si vede che gli fischiavano le orecchie, e il boss arriva. Come una furia: “Chi ha calpestato la barbabietola?! Volete fare attenzione? Non è possibile, volete proprio farmi arrabbiare!!” Io così °____° Sono incredula, ma quello continua: “Cercate di parlare di meno e lavorare di più! David, pensavo che fossi un ragazzo sveglio!” e via dicendo, finché non si calma e finalmente se ne va a lavorare in città (dove fa il consulente finanziario per il governo, o qualcosa del genere). “Oggi per fortuna è il mio ultimo giorno. La ragazza che c’era prima di te è stata qui un paio di mesi. Tu quanto ti fermi?” “Circa tre settimane.” “Coraggio, ce la puoi fare!” Mi pare un ottimo inizio.

Ma che dico ottimo… splendido! Secondo i patti, devo lavorare 6 ore al giorno, grosso modo dalle 7.30 alle 13.30. Per qualche motivo, una volta che il pazzo torna dal lavoro nel pomeriggio, mi intercetta e mi dà un nuovo incarico: occuparmi del mulching dei pomodori. In italiano si dice pacciamare. Non vi è d’aiuto, vero? Prima di questo momento non sapevo neanche che esistesse questa parola, capirete quindi che mi trovo un po’ in difficoltà, voglio capire esattamente cosa devo fare, e mi permetto di fargli una domanda. “Devo spargere ‘sta roba solo intorno alle piante, o su tutto il terreno?” Non gli ho chiesto di vendere sua madre, annegare i suoi figli e sventrare il suo cane, giusto? La sua reazione quindi mi pare un filo spropositata: “Vieni a vedere. Dimmi, come ho fatto io il lavoro? COME TI SEMBRA CHE L’ABBIA FATTO? Io ti ho fatto vedere come va fatto, e adesso tu mi chiedi come devi fare? Ti ho dato una dimostrazione, tuttavia mi chiedi cosa devi fare. Mi prendi in giro? Non farmi arrabbiare! Ora torna indietro e rifallo per bene!” Giuro, il vaffanculo era sulla punta della lingua. Invece mi sono trattenuta, mentre in testa mi balenava un pensiero: lascia immediatamente sta gabbia di matti.

Dovete sapere che fra le risposte che avevo ricevuto quando cercavo una nuova farm c’era anche la mail di Ric, un allevatore la cui fattoria sta poco distante da qui. Ric studia italiano, quindi naturalmente quando ha ricevuto la mia mail si è dimostrato ben contento di avere una wwoofer italiana in casa, anche se può accogliermi solo a fine mese. Piano piano si fa strada l’idea di chiedergli di anticipare un po’ l’inizio dei lavori, perché qui non so quanto ci resisto. Per il momento però decido di perseverare, odio lasciare le cose a metà. Oltretutto ho saputo che fra una settimana arriverà un altro wwoofer italiano, quindi se non altro sarò meno sola. 

Però i coinquilini sono simpatici, eh

Perché infatti è questa la cosa peggiore dello stare qui, non tanto il matto, quanto non avere nessuno con cui sparlarne. Sono in fase malinconoia, e trovarmi a vivere insieme a persone del genere non mi aiuta. Inoltre passo tutte le ore in cui non lavoro chiusa in camera, un po’ perché non c’è niente da fare (almeno a Cordalba c’era il paese! Qui non c’è nulla), un po’ per non farmi trovare dal pazzo, che altrimenti mi appioppa altri lavori fuori orario. Quindi, stringo i denti e aspetto almeno quella manciata di giorni, fino all’arrivo del connazionale. Nel frattempo, l’unica cosa che faccio, tutti i giorni per 5-6 ore al giorno, è strappare le erbacce. Pomodori, cipolle, zucche, zucchine, cetrioli, carote… Il pirla ogni sera mi dice: “Mmm, mi ha detto Lynn che oggi hai fatto un buon lavoro con le zucchine…” che ti devo dire, avrò un talento per le erbacce. Ma ti sembra un buon motivo per farmi fare questo lavoro ogni santo giorno?

Domenica, deo gratias, non si lavora. Si offrono di portarmi in città. Lo aveva scritto anche in mail, la domenica pomeriggio puoi goderti le meraviglie della città. Io pensavo a un bel momento tutti insieme – è bello visitare un posto insieme ai locali, no? – invece non fanno altro che parcheggiarmi nella zona dei musei, e mi fanno sapere che torneranno a prendermi alle 5. Beh, meglio soli che male accompagnati. Certo, avrei qualcosa da dire sulle meraviglie della città… Ma sull’argomento tornerò in seguito.

Ora, non so se ho dato idea delle altissime aspettative nei confronti del nuovo arrivo. Si è capito che lo aspetto con ansia? Quindi accolgo il lunedì con un gran sorriso, mi metto a strappare le mie erbacce di buona lena, finché non è l’ora di pranzo. Lynn mi comunica che a breve tornerà Peter con il nuovo ragazzo. Infatti pochi minuti dopo si apre la porta. “Questo è Antonio, starà con noi per pranzo, poi lo riaccompagno in stazione.” Come?! Io penso di aver capito male, muoio dalla voglia di chiedere spiegazioni. Per tutta la durata del pranzo interrogo il nuovo arrivato con lo sguardo, finché finalmente non rimaniamo da soli e gli domando: “WTF???” Quello che mi racconta mi lascia incredula, ma allo stesso tempo mi immagino esattamente come sono andate le cose. “Appena salito in macchina mi ha bombardato di domande… Io che ne sapevo che questo lavora per il governo? Pare uno straccione… E gli ho detto che la mia ragazza lavora in nero in un ristorante. Sai, non vorrei rischiare brutte sorprese…” “Ma hai paura che la denunci? Dai, non credo!” “Beh, mi ha fatto intendere che non è bene che non lavori in regola, potrebbero chiudere il ristorante, potrebbero buttarla fuori dal paese… in auto è sceso il gelo. Non appena siamo arrivati qui, gli ho detto che forse non è il caso che mi fermi, e lui era d’accordo. Meglio andare via.




Immaginate come mi sono sentita non appena l’auto è ripartita? Morte nera che più nera non si può. Ma è un segno: devo scappare da sto posto. La prima cosa che faccio è mandare una mail a Ric, lo studente di italiano, per chiedergli se posso andare da loro il prima possibile. Ric mi fa sapere che possono accogliermi il lunedì successivo. Beh, meglio di niente, ora devo solo pensare come mettergliela giù all’impiastro. Mentre rifletto sul da farsi, arrivano novità in merito alla vicenda di The Hostel. Ricordate che avevo deciso di ignorare le loro minacce, vero? Beh, il loro era proprio un bluff, perché sti infami hanno risposto alla mia recensione su Tripadvisor ringraziandomi per il feedback e scusandosi per l’inconveniente! Io non ho parole…

Ok, archiviato il problema facce di merda, concentriamoci sull’attuale questione: come lasciare questo posto con classe. Che si rivela poi essere un non problema: il giorno seguente, a cena, il pirla con molta nonchalance mi dice che possono ospitarmi solo fino a domenica. Io penso di aver capito male, e chiedo di ripetere 2-3 volte. Gli domando se ci sono problemi. “No, ma settimana prossima avremo qui gente.” Eccerto, e hai bisogno della mia stanza perché li farai dormire nella stalla, vero? Che paraculo! Ma tutti io li trovo in questo periodo? Ma, caro mio, non sei tu che mi licenzi, sono io che me ne vado! “Puoi riportarmi in città venerdì anziché domenica?” Ed è fatta, giovedì sarà il mio ultimo giorno di lavoro. Ho perso fin troppo tempo con 'sta gentaglia. L’ultima sera gli chiedo di riempire il modulo per attestare i giorni per il visto, e lui in cambio mi chiede di compilare il loro guest book. “Ecco, vedi, abbiamo questa usanza, lo facciamo compilare a tutti i wwoofer.” E mo’ che cazzo gli scrivo? Inizio a sfogliare le pagine per scopiazzare un po’, me la cavo con due moine alla cucina della moglie, e mi auguro di non trovare mai più gente simile, falsa come una moneta da 3 €.


E vediamo quanto ho camminato questa volta:

1.010 km

Km totali percorsi: 30.480

7 commenti:

  1. Grandioso, Ho riso dalla prima all'ultima riga. oddio a pensarci bene sono un mostro, ho riso delle tue disgrazie :D

    Però dai, è tutto passato!

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  2. Piegata in due dall'inizio alla fine del post! Dai è andata anche questa. In effetti si, siamo malefici.... Ridiamo delle tue disavventure...
    Bacio fusotta :-P

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  3. Ok mi pare di capire che come autrice drammatica faccio pena... poco male, per la commedia pagano meglio!!
    Comunque, sì, siete dei mostri!!!

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  4. Denuncia per DIFFAMATION? Che poveri cialtroni! Comunque confermo, rendi il meglio nelle avventure tragiche, è quello che vuole il tuo pubblico! Altre avventure tragicomiche! Se no ti denuncio!!! :)

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    1. Sai, sto pensando di scrivere un memoriale delle mie disavventure in giro per il globo. Calze della vergogna, fon in fiamme, rincorsa dell'autobus in autostrada, meningite... e adesso l'invasione delle blatte. Sì, posso farci soldi con le mie traggedie.

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    2. Puoi sicuramente farci dei soldi. Il tuo diario di viaggio è meraviglioso e ogni volta che arriva un nuovo capitolo faccio festa.
      Io il libro lo comprerei. ^_^

      Fabio Tursi

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    3. Grazie per i complimenti, Fabio! Se mai accadesse, copia omaggio per te! :D

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