lunedì 20 agosto 2012

Welcome to Singapore


Allora, allora, allora. Singapore. Da dove cominciare?
Magari qualche informazione, tanto per capire di cosa parliamo.
Un’isoletta sulla punta meridionale della Malesia, giusto sopra l’equatore (ne ho le prove: appena sbarcata, sono andata nel bagno dell’aeroporto a controllare, Bart Simpson docet). È una città-stato e ha circa 4 milioni di abitanti. Per l’estensione che ha, 4 milioni di persone sono un casino di gente. E infatti me li trovo sempre fra i piedi, ovunque vada.

Sono così tanti in uno spazio così ristretto, che beccatevi queste tre curiosità:
  1. La città si sviluppa in verticale. Ogni tanto i costruttori comprano palazzi vecchi, li buttano giù e ricostruiscono da capo.
  2. Per scoraggiare l’uso del mezzo privato, il governo ha fatto in modo che essere proprietari di un’auto sia estremamente costoso: serve un permesso speciale che ti costa una cifra. Ma una cifra grossa. Tipo che con quei soldi ti potresti comprare una Porsche. Eppure non mi pare che ci siano poche auto in giro, anzi non ho mai visto così tante Ferrari in così poco tempo.
  3. Singapore acquista la terra (nel senso di terriccio) dai paesi vicini per espandere il suo territorio.
In questo piccolo spazio (con la più alta concentrazione di miliardari del mondo) si intrecciano un sacco di etnie: cinesi, indiani e malesi soprattutto. In giro si trovano sempre i cartelli nelle rispettive lingue, e fortunatamente anche in inglese, dal momento che l’inglese è una delle lingue ufficiali a causa del retaggio coloniale. Mo’ non voglio stare qui ad annoiarvi con la lezione di storia, anche perché dovrei andare a verificare ciò che scrivo, ma non ho molta voglia, e rischierei così di fare brutte figure. Ergo, in caso vogliate approfondire l’argomento, vi rimando alla pagina di wikipedia. Tutto questo per dire che: tutti parlano anche inglese, oltre alla propria lingua d’origine. Come lo parlano… lasciamo stare. Ogni volta che mi rivolgono la parola, ho l’impressione che mi parlino in cinese (anche gli indiani e i malesi).
Bene, credo di avervi annoiati abbastanza con i dati di background. Vorrete sapere cosa ho fatto qui sull’equatore, no?

Partiamo dal giorno 0,5. Come vi dicevo, sono atterrata intorno alle 14. Riprendiamo da lì. Che ho fatto dopo? Dove sono andata? Chi mi ha accolto in questa impressionante città orientale?
Appena scesa dall’aereo ho preso il mio taxi e sono andata a casa di Mary Jo. La Mary è un’amica di vecchissima data delle sorelle Materassi - mia e di Isa, insomma - che non vedevo da 12 anni se non vado errata, da quando aveva lasciato Vanzago. Quando ho saputo che ora vive a Singapore con suo marito Michael e un’adorabile cagnolina di nome Pantoufle, ho pensato di contattarla per incontrarci. Lei non solo mi ha risposto con entusiasmo, ma mi ha addirittura invitato a stare a casa sua! Ora, andare in giro per il mondo e ritrovare i vecchi amici è una cosa che adoro. E non perché mi piace andare a scrocco. Poter vantare amicizie disseminate qua e là mi sembra quasi una prova della capacità di una persona di creare legami, una dichiarazione di… chiamiamola ricchezza relazionale. Che, come ho scoperto nel corso dei miei viaggi, è una cosa importantissima. Non lo dico per fare retorica, davvero. L’ho imparato sulla mia pelle, testato sul campo. Un giorno vi racconterò di quando me ne stavo sola e ammalata nel mio squallido appartamento di Dublino, e la mia amica Elisa andava e veniva per portarmi le medicine e i generi di prima necessità, facendo le veci della mia famiglia. Ma sto uscendo dal seminato.

Dicevo, la Mary. Sono passati 12 anni, e non è cambiata di una virgola! Che strano essersi salutate a Vanzago e rincontrarsi a Singapore, tornare a parlare della gente del paesello, delle c******e che si combinavano da adolescenti, e raccontarci il riassunto delle rispettive vite! Nel mentre, cercavo di sconfiggere gli effetti del jet lag. E c’è modo migliore per non pensare al sonno che andare a mangiare? Cena in un delizioso ristorante di Little India, senza scarpe, sedute per terra e mangiando cibo molto, molto piccante. Fanno anche le gare per vedere chi riesce a battere il record. Io mi sono attestata su un 3, che in una scala da 1 a 6 è dignitoso, no? Ed è stato anche faticoso, ve lo assicuro. Ma tutto molto buono.

La Hall of Fame dei mangiatori piccanti
Che dire, dopo la cena non è che abbia tirato ancora a lungo. Siamo tornate a casa (e dal taxi ho addocchiato un KFC!) e sono riuscita ad addormentarmi, come vi dicevo l’ultima volta, con il pc sulle gambe mentre chattavo con mia sorella. In Italia erano solo le 19.

Giorno 1

In teoria doveva iniziare con una corsetta al parco. In pratica, grazie Mary per avermi lasciato dormire! Inutile dire che ne avevo proprio bisogno. La giornata è partita qualche ora dopo con una bella colazione e quindi con un giretto ai giardini botanici, dove tra le altre cose c’è una serra per le piante che vivono in ambienti freddi. Quindi entri in magliettina e sbarbelli dal freddo, come dice mio padre, perché dentro ci saranno 15°,poi esci e svieni dal caldo per i 34° e l’umidità del 200%. Poi giardini con le orchidee e statue improbabili (è più fuori contesto il busto romano, le giraffe o l’unicorno?), sentierini che si immergono nella foresta tropicale, alberi colossali che ti avvolgono con radici che sembrano drappi, alberi preistorici che sono piante e rocce insieme.


Un gigantesco parco giochi per imparare un sacco di cose, che mi ha ricordato quei libri che avevo da piccola, I Quindici: un’enciclopedia per ragazzi, i cui volumi erano dedicati ognuno a un argomento diverso, come fiabe, piante, animali, luoghi del mondo… e mentre leggevo sognavo di vedere da grande le cascate del Niagara in America o il Sentiero del Gigante in Irlanda, e anche quegli alberi preistorici che sono piante e rocce insieme…  almeno un desiderio nella mia vita l’ho realizzato, in fin dei conti :)

Nel pomeriggio, Mary e Michael sono partiti per un weekend lungo, e Swaggirl ha iniziato le sue peregrinazioni in direzione del quartiere finanziario, a sud della città, oltre il fiume.

Central Business District

Come al solito io mi faccio i miei bei itinerari nel cervello, ma poi mi perdo, sbaglio a leggere le cartine, mi rifiuto di chiedere, se chiedo non capisco… Però così si scoprono un sacco di cose interessanti. Presempio, fra i palazzoni chilometrici del Central Business District, c’era un omino cinese accanto a un tavolo pieno di cose da mangiare, con due falò ai lati e un sacco di bastoncini di incenso accesi.


Ero troppo curiosa di sapere il perché e il percome, allora con la scusa di fare una foto gli ho chiesto di che si trattava. Mi ha spiegato che agosto è il mese in cui si celebrano gli spiriti, e l’altare era per le offerte all’aldilà, e chiunque voleva poteva fermarsi a pregare. Intanto era impegnato a bruciare dei foglietti: rappresentavano soldi, che venivano anch’essi offerti agli spiriti. Ringrazio il vecchietto per la spiegazione e me ne vado tutta contenta di aver scoperto questa tradizione original made in China; sono poi venuta a sapere (stavolta dalla mia guida) che a Singapore esiste un tempio dove si celebrano addirittura le nozze fra gli spiriti: se una ragazza muore nubile, i parenti possono mettersi in contatto con un’altra famiglia che magari ha perso un figlio non sposato e organizzare le nozze dell’altro mondo (ma, Bellaisa Fuse e Amico Fritz, il vostro matrimonio rimane insuperabile). Altrimenti, ci sono persone che si occupano di trovare lo spirito più adatto per la defunta. Una specie di agenzia matrimoniale per i cari estinti, non so se mi spiego. Non è una cosa incredibile? Evidentemente, rimanere single non è una scelta che gli spiriti approvano. Non è dato sapere quale sia la loro opinione in materia di unioni civili e matrimoni omosessuali.

Quanto mi sto dilungando! Comunque, di nuovo, cammina cammina, arrivo fino ai moli, dove sono accumulati un sacco di pub e locali per turisti.


Davvero tutto molto pittoresco, soprattutto alla luce del crepuscolo, ma ci sono passata in mezzo a testa bassa. Il mio obiettivo era il museo delle civiltà asiatiche! Che non riuscivo a trovare. Devo averlo cercato per tre ore almeno… colpa delle cartine, eh, che erano errate. Sì sì. E quando alla fine lo trovo, non era proprio quello che mi aspettavo. Da appassionata frequentatrice delle più rinomante gallerie d’arte occidentali (da leggere con la R moscia,seduti in poltrona e tenendo in mano un calice di vino rosso), pensavo di entrare in una pinacoteca con gli equivalenti asiatici di Picasso, Botticelli, Raffaello e così via. Invece trovo armature di guerrieri mori, tappeti persiani, utensili daiachi (e finalmente ho scoperto chi sono), divinità indù e demonesse infernali scintoiste. 

All your base are belong to us

Ho scoperto che l’inferno dantesco ha un sacco di cose in comune con l’aldilà di non so più quale credo orientale, anzi l’iconografia che usano da queste parti non ha nulla da invidiare alla nostra in quanto a fantasia e truculenza.

E qui finsice la mia giornata, le visite sono terminate. Ma c’è un ultima prova che mi attende: il labirinto infernale (giusto per rimanere in tema). Prendo la metro, scendo alla mia fermata trascinando stancamente i piedi e pensando al pezzo di strada che mi attende per arrivare a casa (non più di 10 minuti, ma a fine giornata sembrano tantissimi) e salgo in superficie. Dal lato sbagliato della strada. Come faccio ad attraversare? Cerco con lo sguardo un passaggio pedonale, un semaforo… niente. A quel punto mi tornano alla mente le parole di Mary: “Qui per attraversare la strada devi fare il sottopassaggio.” Shit. Torno di sotto, e… e mo da che parte vado? Che strada ho fatto stamattina? Inizio ad aggirarmi per il labirintico centro commerciale che c’è sottoterra. Uno potrebbe camminare per chilometri e chilometri senza mai vedere la luce del sole, a Singapore. C’è una vera e propria città sotterranea. Anzi, tutto il sottosuolo dell’isola dev’essere sforacchiato peggio di un groviera per far posto a negozi, ristoranti, gallerie… almeno 3 o 4 livelli sotto terra, da quello che ho visto.

Maledetto mostro. Ma ti ho domato!

Ma non è quello che mi interessa, ora. Ora voglio solo tornare a casa! Non so quante volte sono uscita, sempre dalla parte sbagliata. A un certo punto ho pensato di prendere un taxi solo per attraversare la strada (e chi mi becca la citazione cinematografica, vince una menzione speciale nel prossimo post). Ogni volta che uscivo, mi allontanavo sempre di più dal luogo che in realtà volevo raggiungere. Se non l’avessi presa sul ridere – quando sono molto stanca, rido – sarei scoppiata a piangere. A un certo punto ho persino beccato 50 persone che occupavano il marciapiede facendo balli di gruppo. Siete mitici!!! Ma fuori dai piedi, che voglio tornare a casa. Finché non metto in moto il cervello e mi sforzo per decifrare le indicazioni all’ingresso della metro. Tonta. Che Tonta che sono. Era così semplice! Inizio a ridere fra me e me – ma di sicuro avevo un gran ghigno stampato in faccia – e accorro finalmente verso l’uscita corretta. Sìììì! Ce l’ho fatta! Il labirinto si merita un bel dito medio, e io finalmente posso rientrare a casa.

Ma quanto ho parlato! Tranquilli, per oggi vi ho tediati abbastanza. Ciò che mi è successo nei giorni seguenti ve lo racconto al prossimo post. Ma mi devo sbrigare, è quasi ora di lasciare Singapore!

8 commenti:

  1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  2. Bellissssssimo post come sempre, in pratica ci accompagni in giro per la città meglio di una guida turistica.

    Cmq mi sembra giusto che chi guida una Ferrari paghi quello che costa una Porsche per poterla portare in giro, no?

    Grandiosa l'hit parade del piccante e l'epopea del centro commerciale (Mall vs Ila - round 1).

    Ciao :)

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  3. Forza pozzetta
    http://www.youtube.com/watch?v=Ro1cJlpeXzE
    :-)

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  4. Mitica Ila! Bei giri e belle foto!
    A saperlo invece della cartina ti regalavo una bussola però...

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  5. Fusotta miaaaa!!! Mitico senso dell'orientamento eh!
    Dalle tue descrizioni mi sembra d'essere lì, leggo e rido, e la gente mi guarda male...
    ti pesooo!
    Ah, cavolo, quasi dimenticavo!!! Ma lì... ci sono gli SCOIATTOLI???

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  6. ti penso... non ti peso, ovviamnete!!! ;-)

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  7. leggendoti mi sembra quasi di essere anche io lì :)

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