mercoledì 17 aprile 2013

Breve intermezzo capitale



Non appena sono scesa dalla macchina, dopo i falsissimi ringraziamenti del pirla, mi sento tanto, tanto leggera. Mi sembra che da qui il viaggio può solo migliorare. Ecco, credo di essermela gufata di nuovo.

Comunque, sono a Canberra, dove passerò qualche giorno prima di andare nella nuova farm. Voglio spendere qualche parola sulla capitale australiana, perché è una delle città più ridicole che io abbia mai visto. Intanto, ci sono solo due ostelli in città. E, a giudicare dai letti vuoti nella mia stanza da 8, sembra pure un numero eccessivo di strutture ricettive. Per fortuna comunque l’ostello è pulito, niente da spartire con la catapecchia delle pulci.

La città, dicevo. Quest’anno cade il centenario della fondazione. In pratica si sta ancora liberando dagli imballaggi. Canberra è stata costruita apposta per essere la capitale del paese (Canberra come Brasilia, potrebbe dire qualcuno): le due principali candidate erano Sydney e Melbourne, ma dato che gli australiani non riuscivano a decidere, è stata fondata una città ex novo, a metà strada fra le due. E visto che nessuno stato doveva avere l’onore di ospitare la capitale, hanno ritagliato un po’ di terreno qua e là ed è nato l’ACT, Australian Capital Territory. La città si sviluppa sulle due sponde di un bacino artificiale: da un lato gli edifici istituzionali – ministeri, musei, vecchio e nuovo parlamento – dall’altro il CBD. Dove sta il mio ostello. La zona non è male, ma non diresti mai che ti trovi in una capitale. La main street, su cui si affacciano centri commerciali, negozi e bar, non si sviluppa come una linea retta, ma forma una sorta di poligono non identificato. Ci sono un sacco di statue bizzarre, fontane, aiuole alberate.


Tutto sommato non mi dispiace. Oggi però voglio andare a visitare l’altro lato del lago. Anche perché è sabato pomeriggio e, che ci crediate o no, il centro è deserto. Non c’è in giro un’anima. 

Questa città è strana… soprattutto da visitare. Ora, dopo più di sette mesi e una quarantina di post, avete capito che io e il senso dell’orientamento non siamo amici intimi. E in questa città è tutto più difficile, anche se non riesco a capire perché. Continuo a girare, e anziché al ponte che attraversa il lago, finisco di volta in volta a imboccare autostrade, circonvallazioni, cavalcavia… Questa città non mi piace. Poi appena esci dal centro gli edifici si rilassano e si prendono tutto lo spazio necessario, quindi per andare dal punto A al punto B c’è da scarpinare. Tanto.


Mi ci vogliono due giorni - giuro - per capire come attraversare il maledetto ponte, e finalmente arrivo nella zona dei musei. 
E per cominciare me ne vado in biblioteca, che mi devo riposare. Peccato che quando decido di riprendere i miei giri (e la biblioteca chiude), inizia a piovere e tirare vento. Vabbè. Direzione parlamenti. Il vecchio parlamento, che oggi ospita non so cosa, è adagiato ai piedi di una collina, in cima alla quale c’è il nuovo parlamento. Anzi, nella quale c’è il nuovo parlamento: un edificio scavato in parte nella roccia e sormontato dalla più grande struttura in alluminio d’Australia – o del mondo, non ricordo – come mi hanno fatto sapere con orgoglio. Oh, naturalmente, prima di arrivare al parlamento nuovo, ho sbagliato strada e sono andata nella direzione opposta. Ma grazie a questo inconveniente ho trovato, attenzione, l’ambasciata aborigena:


Rigorosamente non riconosciuta dalle istituzioni. Accanto all’ambasciata sono piantate una decina di tende, dove vivono aborigeni che si sono installati lì per protesta. Non ho capito per cosa.

Comunque, come si dice, chi non ha testa ha gambe, e io le mie gambe le ho messe a dura prova in sti giorni. Cammina, cammina, arrivo infine al nuovo parlamento. Ne è valsa la pena? Secondo me, no. Giudicate voi.


Ma facciamo un ultimo sforzo, e cerchiamo di capire dove devo prendere il bus per recarmi alla nuova farm. Viste le peripezie labirintiche, è meglio essere preparati. E infatti ci metto tanto tempo e tanta suola di scarpe per capire dov’è la fermata, e il giorno dopo rischio comunque di perdere l’autobus: in attesa all’anonima fermata, aspetto il bus della Countrylink delle 9.47. Sono le 9.47, ma arriva un bus di un’altra compagnia. Tentenno, chiedo o non chiedo? E meno male che chiedo! “Scusi, questo è il bus della Countrylink?” “Certo! Come ti chiami? Dove devi andare?” “Ad Harden…” “Ecco il tuo biglietto! Ma cosa vai a fare ad Harden? Nessuno va ad Harden!

Cominciamo bene…

1 commento:

  1. Si si, ce lo ricordiamo il tuo senso dell'orientamento!!
    "Nessuno va ad Harden!", aspetto con ansia il prossimo post! Allora com'è Harden??

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