Non appena
sono scesa dalla macchina, dopo i falsissimi ringraziamenti del pirla, mi sento
tanto, tanto leggera. Mi sembra che da qui il viaggio può solo migliorare.
Ecco, credo di essermela gufata di nuovo.
Comunque, sono a Canberra, dove
passerò qualche giorno prima di andare nella nuova farm. Voglio spendere
qualche parola sulla capitale australiana, perché è una delle città più
ridicole che io abbia mai visto. Intanto, ci sono solo due ostelli in città. E,
a giudicare dai letti vuoti nella mia stanza da 8, sembra pure un numero
eccessivo di strutture ricettive. Per fortuna comunque l’ostello è pulito,
niente da spartire con la catapecchia delle pulci.
La città, dicevo. Quest’anno
cade il centenario della fondazione. In pratica si sta ancora liberando dagli
imballaggi. Canberra è stata costruita apposta per essere la capitale del paese
(Canberra come Brasilia, potrebbe dire qualcuno): le due principali candidate
erano Sydney e Melbourne, ma dato che gli australiani non riuscivano a
decidere, è stata fondata una città ex novo, a metà strada fra le due. E visto
che nessuno stato doveva avere l’onore di ospitare la capitale, hanno
ritagliato un po’ di terreno qua e là ed è nato l’ACT, Australian Capital
Territory. La città si sviluppa sulle due sponde di un bacino artificiale: da
un lato gli edifici istituzionali – ministeri, musei, vecchio e nuovo
parlamento – dall’altro il CBD. Dove sta il mio ostello. La zona non è male, ma
non diresti mai che ti trovi in una capitale. La main street, su cui si
affacciano centri commerciali, negozi e bar, non si sviluppa come una linea
retta, ma forma una sorta di poligono non identificato. Ci sono un sacco di
statue bizzarre, fontane, aiuole alberate.
Tutto sommato non mi dispiace. Oggi
però voglio andare a visitare l’altro lato del lago. Anche perché è sabato
pomeriggio e, che ci crediate o no, il centro è deserto. Non c’è in giro
un’anima.
Questa città è strana… soprattutto da visitare. Ora, dopo più di
sette mesi e una quarantina di post, avete capito che io e il senso
dell’orientamento non siamo amici intimi. E in questa città è tutto più
difficile, anche se non riesco a capire perché. Continuo a girare, e anziché al
ponte che attraversa il lago, finisco di volta in volta a imboccare autostrade,
circonvallazioni, cavalcavia… Questa città non mi piace. Poi appena esci dal
centro gli edifici si rilassano e si prendono tutto lo spazio necessario,
quindi per andare dal punto A al punto B c’è da scarpinare. Tanto.
Mi ci
vogliono due giorni - giuro - per capire come attraversare il maledetto ponte, e finalmente arrivo
nella zona dei musei.
E per cominciare me ne vado in biblioteca, che mi devo
riposare. Peccato che quando decido di riprendere i miei giri (e la biblioteca
chiude), inizia a piovere e tirare vento. Vabbè. Direzione parlamenti. Il
vecchio parlamento, che oggi ospita non so cosa, è adagiato ai piedi di una
collina, in cima alla quale c’è il nuovo parlamento. Anzi, nella quale c’è il nuovo parlamento: un edificio scavato in parte
nella roccia e sormontato dalla più grande struttura in alluminio d’Australia –
o del mondo, non ricordo – come mi hanno fatto sapere con orgoglio. Oh,
naturalmente, prima di arrivare al parlamento nuovo, ho sbagliato strada e sono
andata nella direzione opposta. Ma grazie a questo inconveniente ho trovato,
attenzione, l’ambasciata aborigena:
Rigorosamente
non riconosciuta dalle istituzioni. Accanto all’ambasciata sono piantate una
decina di tende, dove vivono aborigeni che si sono installati lì per protesta.
Non ho capito per cosa.
Comunque, come
si dice, chi non ha testa ha gambe, e io le mie gambe le ho messe a dura prova
in sti giorni. Cammina, cammina, arrivo infine al nuovo parlamento. Ne è valsa
la pena? Secondo me, no. Giudicate voi.
Ma facciamo
un ultimo sforzo, e cerchiamo di capire dove devo prendere il bus per recarmi
alla nuova farm. Viste le peripezie labirintiche, è meglio essere preparati. E
infatti ci metto tanto tempo e tanta suola di scarpe per capire dov’è la
fermata, e il giorno dopo rischio comunque di perdere l’autobus: in attesa all’anonima
fermata, aspetto il bus della Countrylink delle 9.47. Sono le 9.47, ma arriva
un bus di un’altra compagnia. Tentenno, chiedo o non chiedo? E meno male che
chiedo! “Scusi, questo è il bus della
Countrylink?” “Certo! Come ti chiami?
Dove devi andare?” “Ad Harden…” “Ecco il tuo biglietto! Ma cosa vai a fare ad
Harden? Nessuno va ad Harden!”
Cominciamo
bene…
Si si, ce lo ricordiamo il tuo senso dell'orientamento!!
RispondiElimina"Nessuno va ad Harden!", aspetto con ansia il prossimo post! Allora com'è Harden??