Come vi ho
raccontato, ho passato un buon Natale, ma ora mi prudono i piedi: credo sia
l’ora di accumulare altri giorni per ottenere il secondo visto.
Dopo le
feste inizio a sfogliare il mio WWOOF book per individuare una possibile area
di interesse. New South Wales. Ma perché no? Mando mail a nastro, e la prima
risposta che mi arriva è da tale Peter. La sua mail è molto dettagliata, mi
spiega che tipo di farm gestisce con la sua famiglia, mi racconta degli altri
wwoofer che hanno avuto e mi chiede qualcosa di me. Ricevo anche una mail da un
altro farmer, che dice semplicemente: puoi venire a partire dal 2 gennaio. Beh,
la mail di Peter mi ha colpito molto di più: voglio fidarmi del mio istinto, e
prendiamo accordi. Volerò a Sydney, quindi da lì prenderò il bus per Canberra,
dove Peter verrà a prendermi.
Devo però
passare una notte nella capitale del NSW, e quindi decido di appoggiarmi a uno
dei miei contatti: Francesco, esule vanzaghese (!!!) che è arrivato in
Australia pochi mesi prima di me e si è stabilito a Sydney. Pensate che a casa
ci siamo rivolti la parola forse 2-3 volte, ci siamo conosciuti solo dopo aver
saputo dei rispettivi piani di viaggio, eppure da quando sono arrivata, pur
essendo rimasti in contatto in maniera molto sporadica, è sempre stato davvero
gentile e disponibile. E questa volta non è da meno: “Arrivo a Sydney! Non è
che hai qualche metro quadrato dove posso passare la notte?” “Certo!
Basta che ti accontenti… la nostra casa è un porto di mare.” Vi pare che mi
faccio scoraggiare da una cosa del genere? Soprattutto davanti ai prezzi
esorbitanti di Sydney, soprattutto in questo periodo dell’anno (a quanto pare, tutti
vogliono essere a Sydney per capodanno).
Mi faccio dare l’indirizzo e arrivo al
porto di mare. Mi accoglie un ragazzo argentino: “Ciao, sono l’amica di
Francesco, tu sei il suo coinquilino?” “Sì, sì, prego, entra.” In
cucina trovo altre 4 persone, che non mi rivolgono la minima attenzione, come
se fosse normalissimo ritrovarsi un’estranea in salotto con borse e valigie.
Beh, mi metto sul divano e aspetto, Francesco mi ha detto che sarebbe rientrato
tardi dopo aver passato il capodanno fuori città. Nelle ore seguenti c’è un via
vai di gente che non vi potete immaginare, fino alla sconvolgente rivelazione:
in casa vivono 10 persone. E credo di non averle neanche incontrate tutte.
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E continua ad arrivare gente |
Intorno alle 9 ecco rientrare Francesco, con tanto di cena thai. Il tempo per
lui di posare la valigia, sistemarsi, e iniziamo a chiacchierare delle
rispettive esperienze in Italia e in Australia. Chiacchieriamo, chiacchieriamo,
che tiriamo forse l’una di notte. Mi pare un’ora più che dignitosa per andare a
dormire: la mia camera per stanotte è una specie di sala da pranzo adibita a sgabuzzino,
con un tavolo, un caminetto, una mensola per i libri e un frigorifero (con
tutta quella gente in casa, non basta certo il frigo in cucina). Stendo a terra
un materasso da campeggio, e buonanotte.
Il giorno dopo, con lo
spauracchio che la padrona di casa si presenti per un controllo, mi sveglio
presto, smonto il letto e mi preparo. Mentre faccio colazione, ricevo una
sgradita sorpresa: una mail da The Hostel. L’ostello delle pulci. La mail mi
chiede di cancellare le recensioni negative che ho scritto su diversi siti di
viaggio. In questi termini: “cease and desist your defaming actions. OR
LEGAL ACTION WILL FOLLOW”. Il maiuscolo è loro. Se non cancellerò le
recensioni e non firmerò la dichiarazione che mi allegano (in cui mi impegno a
non scrivere più nulla del genere), mi denunceranno per diffamazione. Non ci
posso credere. Maledetti bastardi. Giusto questo mi mancava. Ancora incredula,
chiedo consiglio a Max, che mi suggerisce di ignorarli, probabilmente stanno
solo bluffando. Me lo auguro. Passiamo quindi a cose più piacevoli. L’autobus
per Canberra parte solo a mezzogiorno, ma questa mattina ho un appuntamento
importante: la mia cara amica Luciana! Lei e il suo ragazzo hanno passato il
capodanno a Sydney, e prima di concludere il suo anno australiano vuole godersi
questi ultimi giorni Downunder. Francesco mi accompagna alla stazione della
metro – e non posso fare a meno di apprezzare il quartiere in cui vive, davvero
un posto pittoresco, per nulla turistico – ci salutiamo e come di consueto ci auguriamo
buona fortuna. Lascio un amico, e ne trovo un’altra. Appuntamento davanti a
Woolworth’s, ecco Luciana! L’ultima volta che ci siamo viste è stato a Byron
Bay, ricordate? Come al solito siamo di fretta, abbiamo giusto il tempo di
raccontarci le ultime settimane mentre andiamo verso la stazione degli autobus,
ma è sempre un piacere incontrarla. Oggi però siamo tutte e due un po’ più
tristi, chissà quando sarà la prossima volta che ci vedremo. Ci abbracciamo e
salto sull’autobus con le lacrime agli occhi. Ora è meglio pensare alla
prossima tappa.
Stazione
degli autobus di Canberra, attendo Peter. Che si presenta poco dopo, un signore
di circa 50 anni vestito in maniera un po’ eccentrica, tipo contabile di inizio
secolo (scorso). Come al solito sono molto nervosa quando incontro un nuovo
ospite, cerco di capire il più possibile dai minimi dettagli. Lui invece è
molto meno discreto, e inizia a bombardarmi di domande, e a ogni mia risposta
emette uno strano “Mmm…”. Cerco di fare anche io qualche domanda, ma è molto
parco di parole e informazioni. Nel frattempo, guida, guida, fra le colline che
circondano la capitale, finché non attraversiamo il confine dell’ACT
(Australian Capital Territory) ed entriamo in New South Wales. Ispirata dal
paesaggio, gli chiedo se ci sono molti vigneti nella zona, e mi risponde: “Mmm…
sì. Ma noi non beviamo alcolici.” Mmm, cominciamo bene. E guida, e guida…
alla fine la sua farm non è così distante dalla città, forse 40 minuti, eppure
sono sembrati un’eternità. Mi mostra la mia stanza, una camera piuttosto grande
ma piuttosto spartana ricavata dal capanno degli attrezzi, e mi porta a
conoscere Lynn, la moglie. L’impressione che ho di lei è leggermente
migliore, anche se pare una donna un po’ troppo sulle sue, con la testa fra le nuvole.
In seguito decido che la signora è succube del marito. Comunque, appena il
tempo di riposarmi un attimo, e già Peter mi assegna una missione: aiutarlo a
piantare le zucchine. Durante il lavoro iniziamo a parlare per conoscerci
meglio, e devo dire che mi pare sì un po’ strambo, ma tutto sommato ok. Ahimè
il mio istinto ultimamente fa cilecca.
Il giorno seguente si comincia alle
7.30, e bisogna riparare l’impianto di irrigazione. Peter dà qualche direttiva,
poi mi lascia a lavorare con Christine, la figlia minore. Finalmente incontro un
membro della famiglia sano di mente! Il lavoro comunque è infame, e per fortuna
dopo un po’ vengo indirizzata nell’orto a strappare le erbacce insieme a David:
trattasi di ragazzone diciassettenne, figlio del pastore della parrocchia che
la coppia frequenta, che lavora qui durante le vacanze di Natale. Il ragazzo è
molto amichevole, chiacchieriamo che è un piacere, spettegoliamo sul boss. Gli
chiedo che ne pensa: “Beh, non so se l’hai notato. Sono… strani, tutti e
due.”
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Sono proprio loro! |
Si vede che gli fischiavano le orecchie, e il boss arriva. Come una
furia: “Chi ha calpestato la barbabietola?! Volete fare attenzione? Non è
possibile, volete proprio farmi arrabbiare!!” Io così °____° Sono
incredula, ma quello continua: “Cercate di parlare di meno e lavorare di
più! David, pensavo che fossi un ragazzo sveglio!” e via dicendo, finché
non si calma e finalmente se ne va a lavorare in città (dove fa il consulente
finanziario per il governo, o qualcosa del genere). “Oggi per fortuna è il
mio ultimo giorno. La ragazza che c’era prima di te è stata qui un paio di
mesi. Tu quanto ti fermi?” “Circa tre settimane.” “Coraggio, ce
la puoi fare!” Mi pare un ottimo inizio.
Ma che dico
ottimo… splendido! Secondo i patti, devo lavorare 6 ore al giorno, grosso modo
dalle 7.30 alle 13.30. Per qualche motivo, una volta che il pazzo torna dal
lavoro nel pomeriggio, mi intercetta e mi dà un nuovo incarico: occuparmi del
mulching dei pomodori. In italiano si dice pacciamare. Non vi è d’aiuto, vero?
Prima di questo momento non sapevo neanche che esistesse questa parola,
capirete quindi che mi trovo un po’ in difficoltà, voglio capire esattamente
cosa devo fare, e mi permetto di fargli una domanda. “Devo spargere ‘sta
roba solo intorno alle piante, o su tutto il terreno?” Non gli ho chiesto
di vendere sua madre, annegare i suoi figli e sventrare il suo cane, giusto? La
sua reazione quindi mi pare un filo spropositata: “Vieni a vedere. Dimmi,
come ho fatto io il lavoro? COME TI SEMBRA CHE L’ABBIA FATTO? Io ti ho fatto
vedere come va fatto, e adesso tu mi chiedi come devi fare? Ti ho dato una
dimostrazione, tuttavia mi chiedi cosa devi fare. Mi prendi in giro? Non farmi
arrabbiare! Ora torna indietro e rifallo per bene!” Giuro, il vaffanculo
era sulla punta della lingua. Invece mi sono trattenuta, mentre in testa mi
balenava un pensiero: lascia immediatamente sta gabbia di matti.
Dovete
sapere che fra le risposte che avevo ricevuto quando cercavo una nuova farm
c’era anche la mail di Ric, un allevatore la cui fattoria sta poco distante da
qui. Ric studia italiano, quindi naturalmente quando ha ricevuto la mia mail si
è dimostrato ben contento di avere una wwoofer italiana in casa, anche se può
accogliermi solo a fine mese. Piano piano si fa strada l’idea di chiedergli di
anticipare un po’ l’inizio dei lavori, perché qui non so quanto ci resisto. Per
il momento però decido di perseverare, odio lasciare le cose a metà. Oltretutto
ho saputo che fra una settimana arriverà un altro wwoofer italiano, quindi se
non altro sarò meno sola.
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Però i coinquilini sono simpatici, eh |
Perché infatti è questa la cosa peggiore dello stare
qui, non tanto il matto, quanto non avere nessuno con cui sparlarne. Sono in
fase malinconoia, e trovarmi a vivere insieme a persone del genere non mi
aiuta. Inoltre passo tutte le ore in cui non lavoro chiusa in camera, un po’
perché non c’è niente da fare (almeno a Cordalba c’era il paese! Qui non c’è nulla), un po’ per non farmi trovare dal pazzo, che altrimenti mi appioppa
altri lavori fuori orario. Quindi, stringo i denti e aspetto almeno quella manciata
di giorni, fino all’arrivo del connazionale. Nel frattempo, l’unica cosa che
faccio, tutti i giorni per 5-6 ore al giorno, è strappare le erbacce. Pomodori,
cipolle, zucche, zucchine, cetrioli, carote… Il pirla ogni sera mi dice: “Mmm,
mi ha detto Lynn che oggi hai fatto un buon lavoro con le zucchine…” che
ti devo dire, avrò un talento per le erbacce. Ma ti sembra un buon motivo per
farmi fare questo lavoro ogni santo giorno?
Domenica,
deo gratias, non si lavora. Si offrono di portarmi in città. Lo aveva scritto
anche in mail, la domenica pomeriggio puoi goderti le meraviglie della città.
Io pensavo a un bel momento tutti insieme – è bello visitare un posto insieme
ai locali, no? – invece non fanno altro che parcheggiarmi nella zona dei musei,
e mi fanno sapere che torneranno a prendermi alle 5. Beh, meglio soli che male
accompagnati. Certo, avrei qualcosa da dire sulle meraviglie della città… Ma
sull’argomento tornerò in seguito.
Ora, non so
se ho dato idea delle altissime aspettative nei confronti del nuovo arrivo. Si
è capito che lo aspetto con ansia? Quindi accolgo il lunedì con un gran
sorriso, mi metto a strappare le mie erbacce di buona lena, finché non è l’ora
di pranzo. Lynn mi comunica che a breve tornerà Peter con il nuovo ragazzo. Infatti
pochi minuti dopo si apre la porta. “Questo è Antonio, starà con noi per
pranzo, poi lo riaccompagno in stazione.” Come?! Io penso di aver capito
male, muoio dalla voglia di chiedere spiegazioni. Per tutta la durata del
pranzo interrogo il nuovo arrivato con lo sguardo, finché finalmente non
rimaniamo da soli e gli domando: “WTF???” Quello che mi racconta mi
lascia incredula, ma allo stesso tempo mi immagino esattamente come sono andate
le cose. “Appena salito in macchina mi ha bombardato di domande… Io che ne
sapevo che questo lavora per il governo? Pare uno straccione… E gli ho detto
che la mia ragazza lavora in nero in un ristorante. Sai, non vorrei rischiare
brutte sorprese…” “Ma hai paura che la denunci? Dai, non credo!” “Beh,
mi ha fatto intendere che non è bene che non lavori in regola, potrebbero
chiudere il ristorante, potrebbero buttarla fuori dal paese… in auto è sceso il
gelo. Non appena siamo arrivati qui, gli ho detto che forse non è il caso che
mi fermi, e lui era d’accordo. Meglio andare via.”
Immaginate
come mi sono sentita non appena l’auto è ripartita? Morte nera che più nera non
si può. Ma è un segno: devo scappare da sto posto. La prima cosa che faccio è
mandare una mail a Ric, lo studente di italiano, per chiedergli se posso andare
da loro il prima possibile. Ric mi fa sapere che possono accogliermi il lunedì
successivo. Beh, meglio di niente, ora devo solo pensare come mettergliela giù
all’impiastro. Mentre rifletto sul da farsi, arrivano novità in merito alla
vicenda di The Hostel. Ricordate che avevo deciso di ignorare le loro minacce,
vero? Beh, il loro era proprio un bluff, perché sti infami hanno risposto alla
mia recensione su Tripadvisor ringraziandomi per il feedback e scusandosi per
l’inconveniente! Io non ho parole…
Ok,
archiviato il problema facce di merda, concentriamoci sull’attuale questione:
come lasciare questo posto con classe. Che si rivela poi essere un non
problema: il giorno seguente, a cena, il pirla con molta nonchalance mi dice
che possono ospitarmi solo fino a domenica. Io penso di aver capito male, e
chiedo di ripetere 2-3 volte. Gli domando se ci sono problemi. “No, ma
settimana prossima avremo qui gente.” Eccerto, e hai bisogno della mia
stanza perché li farai dormire nella stalla, vero? Che paraculo! Ma tutti io li
trovo in questo periodo? Ma, caro mio, non sei tu che mi licenzi, sono io che
me ne vado! “Puoi riportarmi in città venerdì anziché domenica?” Ed è
fatta, giovedì sarà il mio ultimo giorno di lavoro. Ho perso fin troppo tempo
con 'sta gentaglia. L’ultima sera gli chiedo di riempire il modulo per attestare
i giorni per il visto, e lui in cambio mi chiede di compilare il loro guest
book. “Ecco, vedi, abbiamo questa usanza, lo facciamo compilare a tutti i
wwoofer.” E mo’ che cazzo gli scrivo? Inizio a sfogliare le pagine per
scopiazzare un po’, me la cavo con due moine alla cucina della moglie, e mi
auguro di non trovare mai più gente simile, falsa come una moneta da 3 €.
E vediamo quanto ho camminato questa volta:
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1.010 km |
Km totali percorsi: 30.480