domenica 23 settembre 2012

La casa nella prateria


Non solo non mi sono fatta sentire per un sacco di tempo, ma ho una confessione da farvi. L’ultima volta vi ho mentito. Non ero proprio diretta a Childers, ma a Cordalba. Cordalba è una strada a circa 15 km da Childers circondata dalle piantagioni di canne da zucchero, e in questa strada abitano circa 300 persone. E cosa ti porta a Cordalba? Vi chiederete voi. A Cordalba c’è la prima farm in cui mi fermerò a lavorare!

Dovete sapere che quando ero ancora a Brisbane mi sono iscritta al WWOOF, Willing Work On Organic Farm, un’associazione che mette in contatto i coltivatori, allevatori ecc. australiani che lo desiderano (ma l’associazione è presente in un sacco di paesi) con persone che vogliono viaggiare in maniera po’ diversa. In cambio di qualche ora di lavoro giornaliera, i proprietari delle aziende agricole offrono vitto e alloggio per un periodo di tempo concordato insieme. Questa pratica è definita appunto wwoofing. Al momento dell’iscrizione mi hanno dato il WWOOF Book, tipo le pagine gialle dell’associazione, dove sono indicati nomi e contatti degli associati; mi sono messa quindi a mandare un po’ di mail ad minkiam (l’unico criterio era la zona: io mi muovo verso nord, possibilmente lungo la costa) e Sharon è stata fra i primi a rispondermi. La sua mail mi ha galvanizzato immediatamente: Sharon si occupa di cavalli, e io ho sempre desiderato un cavallo! Era il mio grande sogno di bambina! Dopo aver sfogliato la guida per sette minuti (e aver considerato la possibilità di contattare un centro di meditazione buddista e una fattoria gestita da nudisti), decido che quella sarà la prossima tappa. Dopo qualche mail per conoscersi un po’, definisco con Sharon la data del mio arrivo che, come sapete, corrisponde al mio ritorno da Fraser Island. Ed eccoci quindi arrivare sul bus che da Rainbow Beach mi porta a Childers, dove verrà a prendermi Sharon.

L’arrivo è previsto per le 22.25, e confesso di essere un po’ nervosa: arrivare la notte in un paesino di 1.300 abitanti sperando che la persona che ti verrà a prendere sia in effetti chi dice di essere… anzi, che dico: sperare che qualcuno si presenti a prenderti! Capirete anche voi la suspense. Da un lato non vedevo l’ora di arrivare, dall’altro ero un po’ inquieta. Più che un po’. Ed ecco che l’autista annuncia la mia fermata. Afferro zaino, sacco delle provviste, cappello, borsa e mi precipito giù dal bus. L’autista scende con me per tirare fuori la mia valigia dal bagagliaio, e io inizio a guardarmi intorno. Il buon uomo mi chiede a che ostello sono diretta, e gli dico che dovrebbe venirmi a prendere una persona. Continuo a cercare con lo sguardo (ma cosa, poi? Non so chi sia, Sharon!) e con la coda dell’occhio vedo Leah e Bronagh che dal pullman mi fanno grandi gesti per salutarmi e augurarmi buona fortuna. Mi sbraccio di rimando, e poi ricomincio a cercare. L’autista nel frattempo si accende una sigaretta. Ha appena iniziato il suo turno, si sta già prendendo una pausa? Forse è preoccupato per me e vuole assicurarsi che in effetti qualcuno arrivi. Inizio a scrivere un messaggio per Sharon, quand’ecco che si ferma un pick up. Dev’essere Sharon. Infatti non appena parcheggia, una donna sorridente si affaccia al finestrino e mi dice qualcosa. Non ho ben capito cosa, ma accanto a lei vedo una ragazza orientale, che immagino sia l’altra wwoofer che lavora da loro. Decido che è Sharon. Ringrazio l’autista, saluto ancora una volta Leah e Bronagh e monto in macchina. Sharon parla e guida in queste buissime strade di campagna, io guardo quel poco che si vede del paesaggio e cerco di rispondere, ma sono davvero stanca. Almeno però ora sono più tranquilla, Sharon esiste davvero e sembra simpatica. Finalmente arriviamo a casa, e tutta la stanchezza se ne va (ma solo per un attimo) quando incontro uno dei mici di casa, Elsie o LC. Sempre buona cosa trovare un gatto in casa. Ma sono davvero stanca. Poso la valigia, mangio qualcosa gentilmente offerto dalla padrona di casa e me ne vado a dormire.

Riepilogo:

167 km

Km totali percorsi: 17.477
E la mattina dopo, fresca e pimpante per cominciare la settimana in questa nuova location! Prima, però, qualche coordinata. Come dicevo, Cordalba è ‘sto minuscolo paese nascosto in mezzo ai campi di canna da zucchero dove, oltre alle case, uniche altre costruzioni notevoli sono la scuola elementare e il pub del paese. Insieme ad altri comuni, fra cui Childers, fa parte della comunità di Isis. Sharon e suo marito Wayne lavorano entrambi in una raffineria di canna da zucchero, e come attività collaterale hanno questo “allevamento” di cavalli. Allevamento non è la parola migliore… in realtà al momento hanno sei cavalli, un pony, tre cani, due gatti e due wwoofer. A volte mettono a disposizione i cavalli per degli show, a volte affittano gli spazi per organizzare rodeo e esibizioni, e naturalmente è possibile prendere lezioni di equitazione. In casa con loro vive anche Doreen, la madre di Sharon, e come accennavo prima al momento del mio arrivo c’è un’altra ragazza, Rie, proveniente dal Giappone. Nel mio primo giorno di lavoro sarà Rie a spiegarmi cosa devo fare.

Sveglia alle 7, giù dal letto a castello, brrr che freddo! Colazione racimolata dalle provviste avanzate dai giorni di campeggio a Fraser. Non vi ho detto però dove dormo. Io e Rie occupiamo una bunk house, un monolocale completamente autonomo attaccato alle scuderie. Questo vuol dire che, se a Brisbane il mio sonno era turbato da quel rompicoglioni del kookaburra, ora ci pensano Martin e Montague a tenermi sveglia, sbuffando, nitrendo e scalpitando. Blucher! Ma sono pur sempre meno rumorosi dell’odioso volatile.

Vi faccio fare il giro della casa. Guardate prima a destra...

...e poi a sinistra. Ecco, avete fatto il giro della casa.

Dicevo, oggi Rie mi spiegherà in cosa consiste il lavoro. Prende una carriola, un forcone e si dirige verso le scuderie; faccio per imitarla, ma mi ferma: “Oggi tu guarda”. Guardiamo. Dopo 10 minuti però il lavoro mi sembra molto chiaro: sostanzialmente si tratta di spalare merda. Letteralmente. E quando le scuderie sono pulite e la lettiera è stata cambiata, ci spostiamo fuori, ai recinti, dove ci sono gli altri ospiti: Sophie, Arthur, due vecchietti (di cui non ho ancora scoperto il nome) e Daisy, il pony. Tutti loro dormono fuori. E si ricomincia a spalare merda. Tutta questa cacca non viene buttata via, ma viene usata per concimare il frutteto dietro la casa. Lo diceva anche Fabrizio: dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori. E i frutti. Ogni cosa al suo posto, quindi. Ma c’è ancora un compito da svolgere. Quando pensate di aver finito con la cacca, la vostra collega vi mette in mano un catarù e vi dice lapidaria: “La cacca dei cani.” Mi sembra di lavorare con il maestro Miyagi, ma meno loquace. I cani sono Edna ed Ebony, due ferocissimi Stafforshire bull terrier, e Bertha, un vecchio danese. 

Ebony durante una giornata di duro lavoro

Edna e Bertha riflettono sul senso della vita

Bravi, avete capito, di quelli che fanno cacche pantagrueliche. Ridendo e scherzando, il vostro turno di lavoro mattutino se n’è andato in merda, sono solo le 9 e avete ora un sacco di ore libere, almeno fino alle 5 del pomeriggio. Quando è l’ora della merenda per i cavalli, e quindi si può procedere a metterli via. Facendo tutto con estrema calma, è passata un’altra ora, e la vostra giornata professionale è finita. A questo punto Sharon è tornata dal lavoro, controlla che stiano tutti bene e inizia a pensare alla cena, con un piccolo aiuto anche da parte nostra, mentre Doreen apparecchia la tavola; Wayne è di turno allo stabilimento, e non l’ho ancora incontrato. Si finisce di cenare che non sono neanche le 8.30, e con un bicchiere di vino in mano 

Il goon. Giuro che è vino.

io e Sharon ci mettiamo in salotto a chiacchierare un po’, così da iniziare a conoscerci. L’accento australiano mi complica un po’ la vita, ma piano piano comincio a decodificarlo. La mia padrona di casa mi pare un tipo in gamba: socievole, gioviale, alla mano, e soprattutto una gran lavoratrice. Per mandare avanti tutta la baracca, per forza deve esserlo! Mi dice che il giorno dopo Doreen andrà a Bundaberg a fare spese, verrà a prenderla suo fratello Ray, e mi chiede se voglio andare anche io. La gita in città avviene solo una volta a settimana, non me la voglio perdere! Mi fanno sapere che Ray verrà alle 8.30. Urgh. Questo si traduce in una levataccia assurda per poter fare tutto per tempo. E vabbeh, amen.

La serata non dura molto. Per la prima volta in vita mia da anni, vado a dormire che sono appena le 22.30. Mi arrampico sulla scaletta del letto a castello (capisci di essere davvero invecchiato quando preferisci dormire sotto) e mi metto a dormire. Non prima di aver puntato la sveglia alle 6.

E il risveglio arriva, in maniera meno traumatica del previsto. Non è tanto il sonno da vincere, quanto il freddo. Col passare delle ore il clima si scalda, ma alle 6 fa ancora freschino. Ma non c’è tempo da perdere, oggi giornata di shopping! Dopo aver finito di eliminare tutte le cacche del pianeta, c’è giusto il tempo per una doccia, ed ecco che arriva lo zio Ray. Ray è il fratello di Doreen, che vive a Bundaberg, 40 km a nord-est di Cordalba, e ogni martedì la porta in giro per la città a fare spese. Oddio, parlare di città è un po’ eccessivo. Più che altro sono una serie di centri commerciali sparsi, McDonald’s, Hungry Jack’s, KFC e via dicendo. L’unico negozio degno di nota è una gelateria “italiana” che decido di esplorare per confermare il mio scetticismo, e invece una volta all’interno mi sorprende piacevolmente: non solo il gelato sembra gelato vero, ma il negozio pare una di quelle vecchie botteghe di una volta, che vende i prodotti sciolti da mettere nel sacchetto con il misurino. Farine di diverso tipo, pasta di grano duro, frutta secca, uvette, caramelle, un sacco di varietà di cioccolati diversi… Sono quasi commossa. Memore delle cene a casa Fritz nell’estate boreale appena trascorsa, compro un sacchetto di cous cous ed esco tutta contenta di aver trovato questo piccolo angolo di serenità gastronomica.

Dopo le compere, passiamo da casa di Ray per il pit stop, ed è subito un’altra sorpresa: Ray è gravemente affetto da cinefilia. Appena entrate in casa, veniamo aggredite da un enorme scaffale pieno di DVD, e sopra diverse mensole in giro per il soggiorno ci sono hard disk che ci guardano di sottecchi. Accanto al televisore 12.000 pollici (comunque non grande quanto la sala cinematografica di casa Dickson), una pila impressionante di Blu-ray; in un angolo, infine, la fucina da cui esce tutto questo bendiddei: PC e router. Ray ci mette in mano il suo catalogo - quasi un migliaio di film – e ci invita a servirci, a prendere quello che vogliamo. Mi confessa che si vede 4-5 film per notte, ma non gli piace andare al cinema. “Costa troppo.” Ci credo, 18 dollari farebbero passare il vizio a chiunque.

Comprato tutto quello che c’era da comprare, presi anche i film per nutrire lo spirito, torniamo a casa. Quando Sharon rientra dal lavoro, ci annuncia che l’indomani arriveranno Shane e Ethan, rispettivamente figlio e nipote. Shane lavora in uno stabilimento minerario più a nord (a sole 8 ore di macchina), mentre suo figlio Ethan vive a Bundaberg con la madre, ma in occasione delle ferie del padre passerà qualche giorno alla fattoria. Ora però è il momento di dare da mangiare ai cavalli, quindi basta perdere tempo in chiacchiere!
Mentre mi affaccendo al ripostiglio dei mangimi, vengo avvicinata prima da una voce un po’ stridula dal pesante accento australiano (sono qui da poche settimane, ma questa cadenza è decisamente marcata anche per me!), quindi da un personaggio infagottato in una tuta da lavoro, cui qualsiasi descrizione potrebbe solo far difetto, ma che proverò ugualmente a descrivervi. Secco secco, baffoni rossi e barba indisciplinata, cappello da cowboy che nasconde un riporto temerario. Wayne Dickson. “Volevo darti il benvenuto. Come ti chiami?” “Piacere, Ilaria.” “Come?” “Ilaria.” “Lalia.” “Ilaria.” “Illaia?” “Hillary?” “Hillary?” “Sì, tipo Hillary Clinton.” “Oh, bene, Hillary.” Comunque più vicino di Allosa. 

Per le prossime settimane, quindi, sarò Hillary.

P.S. Come di consueto, nel congedarmi da voi vi rimando a qualche eloquente immagine.

6 commenti:

  1. E io che pensavo che nessuno potesse trattare il vino peggio del Tavernello :-S

    Go Hillary!


    ps: un bravo all'autista del pullman!
    pps: certo che se dici Blucher per forza nitriscono! :-DD

    RispondiElimina
  2. certo deve essere proprio malato di film sto Ray per chiamarsi come i Blu-Ray!

    RispondiElimina
  3. Aila!
    Ti è andata anche bene con la cacca dai, poteva essere così:
    http://youtu.be/MnRqadJU3m0

    (Sai che questa citazione era doverosa!)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ahahah ma sei sicuro che a me va meglio? dopotutto lui almeno ha l'apecar, io devo andare di carriola! Cmq Edo per una volta c'è zintonia fra di noi, avevo pensato di citare questo film :D

      Elimina
  4. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Complimenti Ila per il primo lavoro! Feedback sul lavoro in fattoria?
      E adesso capisco tutti quei film su FB, mi chiedevo perché fossi andata fino in AUS per startene lì a vedere film su film =D
      Prossimi spostamenti?

      Ma il sosia di mauro è quello biondo senza baffi con la maglia con la fascia orizzontale? Si vede male...

      Qua alla base fila tutto liscio! Fin troppo?

      Elimina