domenica 28 aprile 2013

Il silenzio degli agnelli di 'sta cippa



Allora, mettiamo in ordine le idee e cerchiamo di capire qual è il miglior modo di raccontare i due mesi e mezzo passati a Camden Springs. Ci ho riflettuto assai, e credo che sia meglio affrontare la questione per settori produttivi: pecore, mucche, varie ed eventuali. Iniziando dalle pecore.

Ho scoperto che le pecore sono animali timidissimi. No, aspettate, questa è la scoperta dell’acqua calda. La pecora è l’animale mansueto per definizione, c’è fior fiore di iconografia religiosa che ce lo ricorda. Fate il minimo movimento verso la pecora, e lei subito si sposterà nella direzione opposta con grande fretta, seguita con fretta ancora più grande da tutte le sue sorelle. 

Noi ce ne andiamo

Magari un attimo prima sono tutte sdraiate all’ombra di un eucalipto a riposare, o intorno all’abbeveratoio a rinfrescarsi… ma nell’attimo stesso in cui avvertono che uno sgradito bipede o il suo servo canino si avvicina, nulla al mondo potrebbe farle rimanere al loro posto. A meno che… a meno che non sia l’ora del pranzo.

Dal momento che quest’anno la siccità è stata davvero spietata, nei campi l’erba scarseggia, quindi Ric è costretto a integrare la dieta degli ovini con i cereali. Ogni tre giorni distribuiamo una striscia di orzo nel pascolo, e allora apriti cielo! Non ho mai visto una cosa del genere: non appena le avanguardie vedono arrivare il pick up, iniziano a gridare eccitate, e in pochi secondi una fiumana di pecore corre nella nostra direzione. E che belati esigenti! “Allora, ti sembra questa l’ora di arrivare? Abbiamo fame! Dacci da mangiare! Fame! Fame!” Non so se riesco a darvi un’idea della scena. Facciamo così: avete presente un qualsiasi film di zombi? 


Ecco. C’è persino la pecora tripode, che conferisce il giusto tono gore alla situazione. Pecore zombi. Questa sì che è un’idea accattivante… Beh, capisco che potrei non aver suggestionato a sufficienza la vostra immaginazione. Ergo ho pensato bene di girare un nuovo capolavoro in 3D per documentare il mio vissuto. 



Come dite? Non è in 3D? Ma avete messo gli occhialini? Sempre solo 2D, capisco. Beh, meglio così. Il 3D è sopravvalutato.

Comunque, le pecore sono così affamate che dimenticano tutta la loro timidezza, se ne sbattono del rischio di finire sotto le ruote del pick up e arrivano anche a calpestarsi l’una con l’altra. La striscia di orzo diventa sempre più lunga, e loro mollano il pezzetto che si erano guadagnate a suon di spintoni perché sono avide di sapere se il nuovo segmento a terra nasconde qualche sorpresa. Finché non ce ne andiamo, continuano a correrci dietro. E questo è il primo segnale che mi suggerisce che quando si parla di masse di pecoroni… beh, non sono proprio parole dette a caso.

Sul serio, più passa il tempo, più vedo crescere le somiglianze fra pecore e persone. Per esempio, al momento della vaccinazione degli ovini. Non si tratta proprio di un vaccino, piuttosto di fermenti lattici/integratori minerali o qualcosa di simile. Una roba color fango dall’odore di melassa. Si fanno entrare le pecore in un recinto, collegato a un altro recinto da uno stretto corridoio, quindi si fanno passare nel corridoio, ammassate il più possibile, e con una specie di pistola si spara in bocca una per una le buone vitamine.
Naturalmente le pecore non hanno idea che tutto ciò è volto al loro bene. Loro capiscono solo che ci sono tre cani che abbaiano furiosamente e cercano di evitarli per quanto possibile. Per un po’ corrono ripetutamente in tondo nel recinto di partenza, cercando disperatamente una via di fuga; poi basta che una sola capisca qual è la direzione da prendere, il corridoio, che subito la massa la segue. Quindi, dicevo, si ammucchiano le pecore strette strette – è il principio del controllo delle folle, no? – finché non hanno più spazio di manovra, e sono bloccate le une dalle altre. 

Embee?

In caso stiano troppo larghe, i cani le spingono nella direzione desiderata. Spingere è una parola grossa: non è neanche necessario il contatto fisico, basta la mera presenza per impaurirle. Una pecora poveretta era così spaventata che ha iniziato a correre avanti e indietro per il recinto, finché non ha sbattuto la testa contro la staccionata e si è spezzata il collo. Ma la povera bestia era ancora viva! Ovviamente non è durata a lungo… 

A questo proposito, mi sembra opportuno sfiorare un argomento che, ahimè, messo per iscritto non darà mai un’idea adeguata della realtà dei fatti: la puzza di morte. Non so quanti di voi hanno avuto modo di vivere questa esperienza sensoriale. Io, prima di arrivare qui, mai. Potreste pensare che il pesce che avete dimenticato in frigorifero prima di partire per le vacanze sia ambasciatore degno della puzza di morte. Neanche per sogno. Avete presente quando, nelle serie tv, trovano un cadavere vecchio di qualche giorno, e si coprono naso e bocca con la mano? Balle. L’unica, realistica reazione è scappare il più lontano possibile, mentre si tenta di trattenere i conati. Una pecora morta da un giorno è quanto di più terribile possa registrare il vostro olfatto. Un odore dolciastro, pesante – ok, col retrogusto di pesce – che, giuro, toglie letteralmente il respiro, e ci vuole un po’ di tempo (e parecchi metri di distanza fra voi e la carogna) per tornare a respirare liberamente.

In mancanza di un'immagine adeguata...

Ma! Passiamo a un argomento un po’ più piacevole. Per noi, non per le pecore. Le abbiamo sfamate, la abbiamo vaccinate, ora sono pronte per andare incontro al loro destino di pecore: la tosatura. Che avviene una volta all’anno (in questa fattoria, almeno), in qualsiasi periodo dell’anno. Ma ci sono dei requisiti da rispettare: le pecore devono essere ben asciutte, perché la lana umida è difficile da maneggiare, e devono essere portate nel capanno della tosatura almeno un paio di ore prima dell’inizio dei lavori, altrimenti sono troppo accaldate. I turni di lavoro sono organizzati in round di 2 ore l’uno, intervallati da mezz’ora di pausa (un’ora per il pranzo). Il sindacato dei tosatori è molto esigente, e gli iscritti prendono anche dei bei soldi. Il tosatore capo per noi è Doug, che gira gli allevamenti della zona per tosare pecore e alpaca e a seconda delle necessità è coadiuvato da altri due tosatori. Quindi, si comincia.

Giorno 1
Il programma prevede di cominciare alle 7.30. Io mi presento alle 7.32, e Doug è già all’opera, alle prese con la primissima pecorella. La afferra per le zampe anteriori, la trascina alla postazione, si appoggia con il busto al gancio che serve a sostenere l’operatore e inizia a tosarla. Prima di tutto, via il manto che ricopre la pancia, che va in una borsa a parte. Poi zampa posteriore destra, fianco, sposta la pecora, gira la pecora, capelli sfumatura alta, grazie. La povera bestia mi guarda, non so se rassegnata o implorante. Col passare dei giorni, ho codificato tre diverse espressioni che possono apparire sul muso della pecora:

  1. Espressione: Non so cosa ti hanno detto, ma hai preso la pecora sbagliata.
  2. Espressione: Ma cosa stai facendo? Ti sembra il modo?
  3. Espressione: Ti pregotipregotiprego non farmi del male.
In ogni caso, quello che sta accadendo ora è comunque infinitamente meglio di quello che si aspettassero quando sono state cacciate nel recinto adibito alla tosatura. Mentre io mi immagino i pensieri delle sventurate, Doug ha già finito: un buon tosatore impiega circa 2 minuti a tosare una pecora. Mentre Ric raccoglie il manto, un pezzo unico, io spazzo via i brandelli che si sono staccati nel mentre, e Doug senza troppi complimenti spinge la pecorella attraverso la porticina che dà sullo scivolo che finisce in un recinto separato, la zona dei nudisti.

 
Dopo la cura

E avanti la prossima! Intanto Ric mi mostra cosa si fa con la lana: stesa sul tavolo da lavoro, si libera dei grumi più grossi di sporcizia e – povera pecora – dei pezzi di pelle viva che sono venuti via. Per fortuna non sono molti, e ancora una volta credo che le pecore si considerino fortunate a cavarsela tutto sommato con così poco. Dopodiché la lana viene messa in un sacco all’interno della pressatrice, che oltre a pressare la lana ci fa sapere anche il peso. In media una di queste pecore (merino) si porta addosso 4 kg di lana. Morbidissima! E un po’ oleosa, a maneggiarla le mani rimangono unticce.

Mi sembra di correre come una matta per tutto il capanno, mi fanno addirittura provare a raccogliere la lana. Non è un lavoro scontato come si potrebbe pensare. Così come per tosare, anche per raccogliere la lana c’è una tecnica particolare: prima si afferra la zampa posteriore destra dal lato sporco, che sarebbe il lato esterno, quindi la zampa sinistra, si accumula il manto con i piedi, si fa su con le mani indietreggiando, quindi si avvolge tutto intorno alle prime zampe che avete raccolto. Ora con un gesto ampio e deciso si stende sul tavolo, come una tovaglia. Se avete fatto le cose per bene, dovreste avere ben distesa sul tavolo, con il lato sporco che guarda in su, la vostra pelliccia di lana merino. Io naturalmente mando lana da tutte le parti.

Ecco come dovrebbe finire

Giorno 2
In cui mi rendo conto che la sporcizia che eliminiamo con la prima sgrossata consiste in cacca di pecora secca.

Altri eventi salienti della giornata:

·         Una povera pecora ha ricevuto un taglio troppo corto. Così corto che le hanno bucato il pancino… Fiotto di sangue rosso scuro che cola senza fermarsi, ma Doug afferra ago e filo e sutura su due piedi la ferita. Io guardo incuriosita e giro la testa dall’altra parte impressionata, più volte, mentre Ric mi chiede se ho intenzione di svenire.
·         Una pecora particolarmente agguerrita riesce a scappare dal recinto e mi carica! O meglio, io mi sono coraggiosamente messa fra lei e la porta del capanno, sperando che come al solito lei si fermasse spaventata. Invece questa qui ha deciso che Doug le fa più paura di me, e mi finisce addosso. Bilancio finale: 0 feriti, 1 tosata.
·         Ho scoperto con immensa gioia, salendo sulla bilancia per pesare la lana, che non ho preso un kg da quando ho lasciato l’Italia!

Come vedete, una giornata ricca di avvenimenti. E ancora solo un tosatore.

Giorno 3
In cui arrivano i rinforzi: il tosatore n. 2, Kel, e una raccoglitrice, Jacintha. Sono molto sollevata che qualcun altro abbia il compito di tirare su la lana, ero davvero preoccupata al pensiero di doverlo fare io. A parte che non lo so fare, ma è anche un lavoro tremendo: la lana pesa, la terra è bassa e il lancio sul tavolo richiede una certa forza! Io invece me la cavo solo col mal di schiena di chi sta in piedi troppo a lungo e male ai pollici (ebbene sì) per via della sgrossatura. Ma anche questa giornata arriva al termine, abbastanza velocemente devo ammettere. I lavoratori se ne vanno, e io e Ric ci fermiamo a sistemare il capanno. Al lavoro sull’ultima balla dilana, scopro che questo settore è fortemente regolamentato: per chiudere la balla si devono utilizzare necessariamente 9 ganci, non uno di più, non uno di meno.
Parlando di cose meno ridicole, Ric mi spiega delle differenti qualità di lana, che si classifica in base alla “lunghezza d’onda” del filo, allo spessore, alla resistenza. Oh, e l’altra scoperta della giornata: non è solo la cacca a inzaccherare il manto delle pecore. La lana giallastra non è di quel colore per via dell’usura, e non è umida per via del sudore.

Tosatori all'opera

Giorno  4
Oggi Kel e Jacintha sono sostituiti da Bruce e Josh. Quest’ultimo non ha l’esperienza e la velocità di Jacintha, ma ancora una volta ringrazio il cielo di non dover fare io il suo lavoro. A parte questo, nulla di particolare da segnalare. La giornata si conclude senza incidenti; luci spente, ultima balla chiusa, reciproca pacca sulla spalla.

Giorno 5
Ed eccoci arrivati al giorno di chiusura! Devo dire che all’inizio ero molto, molto incuriosita dall’argomento tosatura. Ora, 850 pecore dopo… basta, vi prego. Non ne voglio più sapere. Almeno fino a marzo, quando si toseranno gli agnelli.

Non ha una faccia felice, vero?

6 commenti:

  1. Direi che la pecora che hai in braccio tu ha chiaramente l'espressione numero 1 :)

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  2. Nella mia vita passata (sorpresa eh?) avevo le pecore. Quindi tutto quello che mi dici lo confermo. Possono essere aggressive, la struttura ossea sulla testa è durissima, non caso i maschi si prendono a testate. Ne avevamo una che non aveva la mamma ed era stata allevata dall'uomo ed era cresciuta squilibrata, non so se questo fosse il motivo, ma mangiava anche le pelli del salame e non voleva stare con le sue simili. Si chiamava Bela. Sai come è morta? Di ingordigia. Ha sfondato porta della stalla e ha mangiato cereali fino letteralmente a morirne. Sottoscrivo pertanto l'analogia con la razza umana.

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    1. No, adesso DEVI raccontare tutti i dettagli della tua vita passata!

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  3. Beh nemmeno tu dalla faccia sembri proprio contenta!

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    1. Non hai tutti i torti! Ma avevo paura che mi scagazzasse addosso!

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