lunedì 25 marzo 2013

Meglio tardi che mai



Tanti mi hanno chiesto com’è il Natale in estate. E anche se ormai siamo praticamente in autunno (o in primavera, dipende dai punti di vista), vorrei spendere due parole per raccontarvi come ho passato le feste.

Dopo il matrimonio parto per Brisbane, per trascorrere il Natale con Max e Karen. Disgraziatamente, non posso andare immediatamente dai miei amici perché in questi giorni sono impegnati con lavori di ristrutturazione in casa, quindi mi tocca cercarmi un ostello. E dove sta il problema? Hai girato per ostelli da quando sei arrivata! Beh, uno può anche essere stufo di condividere camera e bagno con degli estranei, no? Comunque la disgrazia non è questa. La disgrazia è che, nel tentativo di trovare un buon compromesso fra posizione e prezzo, ho tragicamente tralasciato l’aspetto igiene. Scelgo quindi tale ostello, che chiamerò The Hostel (sì, come quello del film dell’orrore), ignorando le recensioni negative che parlano di bed bugs. “Cimici nel letto, mi pare esagerato!” penso. E questo è stato il momento esatto in cui me la sono gufata. Arrivo a The Hostel, che si trova in un quartiere chiamato Fortitude Valley, appena fuori dal centro. 

Qui non può finire bene
Questo posto ha uno stile un po’ rétro, con un sacco di vecchie fotografie appese alle pareti e mobili e oggetti che dimostrano una certa età. Ahimè, non mi ci vuole molto per scoprire che non si tratta di una scelta stilistica, l’intera struttura ha visto giorni migliori. Molto, molto tempo fa. Questo posto è vecchio e marcio dal soffitto alla cantina. La mia camera, da quattro persone, è piccola e tremendamente calda, e io sono finita in cima a un letto a castello sprovvisto di scaletta. Le lenzuola non sembrano proprio fresche di bucato, ma quando esprimo perplessità alla receptionist, lei mi assicura che sono pulite. E vabbeh. Sono stanchissima, le tre settimane in viaggio continuano a farsi sentire. Penso che mi metterò a dormire seduta stante. Mi sveglio giusto per una doccia. In un bagno unisex piccolo, sporco, di quelli da cui rischi di uscire più sudicio di come sei entrato. Ma per fortuna non ci sono animali in giro. No, quelli sono in camera. Ecco cosa scopro con enorme disappunto durante la notte: un esercito di zanzare mi attacca nel sonno senza darmi tregua, io continuo a girarmi e grattarmi come se fossi posseduta. La mattina seguente faccio la conta dei danni, decine di punture su gambe e braccia, perfettamente allineate lungo gli arti. Ma è solo alla fine della giornata (giornata trascorsa a grattarmi fin quasi a sanguinare) che, poco prima di andare a letto, una delle mie compagne di stanza mi apre gli occhi: “Quelle non sono punture di zanzara, sono bed bugs.” 

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No ma che schifo!!! Ma ti pare? Prima di andare a letto questa volta mi cospargo di repellente, ma il pensiero di condividere il letto con delle bestie non mi fa dormire sonni tranquilli. La mattina dopo preparo i bagagli – ora Max e Karen sono pronti ad accogliermi – e faccio un salto in farmacia, dove la gentile signora al bancone mi conferma la diagnosi. Al che mi presento alla reception e avanzo le mie lamentele: “Posso avere un rimborso?” “Uhm, ti faccio sapere.” Dopo qualche telefonata: “Ti rimborsiamo una notte.” (20 $) “Ehi, ho speso 30 $ in farmacia!” Fra una mugugna e l’altra, il tipo mi concede il rimborso di entrambe le notti, non prima di chiedermi: “Ma se ti è successo la prima notte, perché non l’hai detto subito? Avremmo chiuso la stanza.” Sicuro!! “Perché pensavo che fossero zanzare!” “E chi ti ha detto che erano bed bugs?” “Una delle ragazze in camera con me.” “Quale ragazza?” Abbello, sgancia i soldi e non rompere! E finalmente me ne posso andare dall’ostello dell’orrore. Sempre grattandomi.

E finalmente riabbraccio la mia famiglia australiana! Quando arrivo, Max è impegnato negli ultimi ritocchi al nuovo bagno, mentre Karen è al lavoro. Oggi è il suo ultimo giorno di lavoro prima delle vacanze di Natale – che qui coincidono con la fine dell’anno scolastico. Max mi mostra la stanza, che non è più la stessa dell’altra volta, ma è il suo studio, perché la camera da letto sarà occupata da Rachel, la figlia minore della coppia, che torna a casa da Londra dopo aver passato tre anni in Inghilterra. Grande festa, insomma! Mi sistemo nella stanza, e come prima cosa abbraccio il mio amico: che bello essere di nuovo qui! Dopodiché ci mettiamo al lavoro, e lo aiuto a pulire il nuovo bagno. Abbiamo da poco finito quando Karen fa il suo ingresso in casa, e finalmente ritrovo anche la mia carissima amica. Passiamo le ore seguenti e la cena ad aggiornarci su tutto quello che è successo da quando sono partita, quattro mesi fa. È bello ritrovare questo senso di familiarità, mi sembra di essere a casa. Io e Karen sul divano a bere un aperitivo, Max in poltrona ad armeggiare con l’iPad, finché non si trasferisce in cucina e inizia a preparare la cena. Molly è sempre sdraiata nei punti più diversi della casa a sonnecchiare, Mefi ha trovato un nuovo giaciglio all’interno di un vecchio cassetto e Fluffy non è più scappata di casa. 

Dopo cena Karen mi propone un giretto: “C’è una casa del quartiere che è stata decorata con delle fantastiche luci di Natale. Hanno messo su un tale spettacolo che tutte le sere hanno 10.000 visitatori!” Ora, dovete sapere che in Australia hanno il pallino delle luci di Natale, e detto così non sembra niente di particolare. Io stessa non pensavo fosse niente di particolare: in casa mia facciamo il presepe, il concetto è lo stesso, no? No. Qui fanno delle vere e proprie competizioni di quartiere, spendono centinaia (o forse migliaia?) di dollari a notte per la corrente elettrica, passano mesi e mesi a pensare e organizzare e addobbare le loro residenze con le trovate più incredibili. Pare che queste persone in particolare abbiano addirittura un dinosauro in giardino. Per tutto il viaggio di andata sono comunque piuttosto perplessa. Chiaramente, non so cosa mi aspetta. Ci perdiamo un paio di volte fra le colline buie dei sobborghi, e Karen continua a ripetere: “Ma no, non può essere qui, non c’è nessuno…” E infatti quando prendiamo l’uscita corretta della rotonda, il traffico inizia ad aumentare. Code per infilarsi in una via laterale piuttosto defilata. Due autobus di linea parcheggiati uno dietro l’altro. Un furgoncino dei gelati! E un mucchio di gente. Ok, siamo arrivate. Parcheggiamo sulla strada principale e percorriamo 200 metri verso quella che ovviamente è la star della via. E a parte raccontarvi della folla da sagra di paese, non posso fare molto altro per farvi capire lo spettacolo.


Gli alberi lungo il marciapiede sono pieni di luci, come se avessero appeso una lampadina al più piccolo dei rametti; gli altoparlanti sparano incessantemente canzoni natalizie, ma c’è anche un piccolo coro di elfi di Babbo Natale che offre un concerto live. Sono lì, proprio di fronte a una cucina da festa campestre, hot dog e soft drink a 3 $. Immediatamente sulla destra, appena superato il cancello d’ingresso, c’è un’esposizione di carillon a tema ovviamente natalizio (che vuol dire tutti pieni di neve, anche se qui la neve nessuno l’ha mai vista) e un trenino elettrico che viaggia in un paesaggio ugualmente innevato. Orsi polari musicisti, Babbi Natale di ogni foggia e dimensione, elfi, renne… I miei occhi luccicano dall’entusiasmo, il sorriso va da un orecchio all’altro. È tutto molto esagerato, kitsch, certo, ma da qualche parte qui in fondo c’è una bambina tutta emozionata per queste luci colorate, per le canzoni che le ricordano le feste, per tutti gli altri bambini emozionati e stupefatti come lei. Con Karen si fa a gara a chi vede la decorazione più incredibile. Oh, finalmente spunta anche un presepe. Qui mettono tutti insieme, oltre ai classici Madonna, San Giuseppe, Gesù Bambino, bue e asinello, sono già arrivati anche i Re Magi. 


E da qualche parte c’è pure un Buddha e una qualche divinità indiana. Un giardino davvero ecumenico! E laggiù, fra le palme di Natale, spunta anche il famoso rettilone, un brontosauro di 5-6 metri con l’immancabile cappello a tema. 


Ecco, abbiamo visto tutto, ma proprio tutto. È ora di cercare l’uscita dal paese delle fate. Arriviamo al cancello, e vediamo un manifesto che non avevamo notato all’entrata: queste decorazioni di Natale hanno vinto la competizione di quest’anno, e il premio è un viaggio in Europa! Certo, con quello che devono aver speso per mettere su lo spettacolo, se ne facevano tanti di viaggi in Europa… ma dev’essere un bel vanto nei confronti di tutti i vicini di casa. Per esempio del dirimpettaio, che poveretto ha optato per delle più sobrie luci dorate per illuminare gli alberi e il vialetto d’ingresso. 


Evidentemente il pubblico e la giuria preferiscono le stravaganze.
Rientrando a casa, io e Karen non la finiamo più con i commenti, ma la serata non è ancora conclusa. Esattamente davanti al cancello di ingresso c’è un ospite inatteso: il serpente più grande che io abbia mai visto. Non ne ho visti tanti in vita mia, d’accordo, ma questo è proprio grande! E pensare che ho appena visitato un parco naturale grande come il Piemonte famoso per le sue foreste e la sua fauna! Dove ho visto solo un serpentello striminzito… Questo esce da un giardino, si mostra in tutta la sua lunghezza (3 metri), attraversa la strada, per poco non si fa investire, tira su la testa ed entra nel giardino di fronte. 


Come se niente fosse. Anche Max è uscito a vedere, e mi assicura che si tratta di un serpente innocuo. Sarà, ma io preferisco non rischiare, e prima di andare a dormire chiudo ben bene le finestre.

Eventi salienti da qui a Natale? La corsa notturna al pronto soccorso. Il giorno dopo il mio arrivo, Karen osserva meglio le mie punture. Io minimizzo, sta passando. Ma non ci credo molto neanche io. È solo dopo cena che Karen si mostra davvero molto preoccupata e decide di andare a prendere qualcosa in farmacia. Anzi, ancora meglio: mi porta al centro medico accanto alla farmacia, aperto fino a tardi. Mentre siamo in sala d’attesa (un luogo dall’atmosfera incredibilmente tranquilla, se paragonato alla controparte italiana), io non so se ridere o piangere. Mi pare assurdo essere finita in questa situazione, sostanzialmente al pronto soccorso causa pulci, dopo che in Irlanda ho scampato il rischio meningite. Dopo una breve attesa la dottoressa mi chiama – naturalmente storpiando il nome – e per fortuna mi dà buone notizie: è escluso che quelle cosacce siano ancora su di me o sui miei vestiti, semplicemente la cosa sta avendo il suo decorso, e in un paio di giorni passerà tutto. Intanto mi prescrive steroidi, cortisone e antibiotici. E una parcella da 80 $, che dovrebbe essere rimborsata almeno per la metà. Ma chissenefrega dei soldi, sono troppo contenta di non essere appestata!

E arriviamo quindi alla vigilia di Natale. I preparativi fervono, mobili e sedie vengono spostati da un angolo all’altro per le pulizie, carta e nastri per impacchettare i regali sono da tutte le parti, Max maneggia due giganteschi tacchini.

Piatto tradizionale del Natale australiano
Poco prima di pranzo arriva Zack, un ragazzo neozelandese, figlio di amici di famiglia, che ha deciso di trascorrere le vacanze estive in Australia, lavorando in giro per fattorie. Un altro esule adottato da Max e Karen per le feste di Natale. Zack viene immediatamente assoldato da Max per virili lavori in cortile, mentre io e Karen prepariamo uno striscione di benvenuto per Rachel, che arriverà fra poche ore. Per cena Max prepara un risotto ai frutti di mare, quindi gli ansiosi genitori lasciano me e Zack a occuparci dei piatti mentre loro vanno in aeroporto ad accogliere Rachel. Noi ne approfittiamo per impacchettare i loro regali, e facciamo appena in tempo a nascondere la carta che i nostri ospiti fanno il loro ingresso in casa con la figliola prodiga. Tutti hanno un’espressione raggiante, soprattutto Karen; Rachel è stravolta dal viaggio, ma è troppo su di giri e sballata dal fuso orario per stare quieta, racconta del viaggio, degli ultimi giorni a Londra, del cambio di clima, dei progetti futuri… Mi sa che siamo più stanchi noialtri! E senza aspettare la mezzanotte, infine andiamo a dormire. I regali li apriremo domani.

Il Natale quando arriva, arriva. Anche a marzo.

Un panettone! Max e Karen mi hanno regalato un panettone!! Che meraviglia… E poi quelli che definiscono “silly gifts”, che però non sono mica tanto silly: fra le altre cose, una torcia a dinamo, un piatto a tema natalizio, calze a righe bianche e rosse, fazzoletti di carta (che qui hanno prezzi esorbitanti e trovi esclusivamente in pacchetti singoli), soldini di cioccolato! Ma meglio indugiare dopo sui regali, adesso c’è da preparare la tavola! I convitati sono otto: il primo ad arrivare è Peter, l’inquilino che vive nell’appartamento nel basement. Peter è un amico di vecchia data, un imbianchino con il sogno di recitare. Dopo 10 minuti di chiacchiere intorno al tavolino degli aperitivi, scopro che è daltonico. “Scusa, e fai l’imbianchino?” “Sì. È stata un’idea di mia madre, per superare il daltonismo. E le vertigini.” Ecco che vuol dire sfidare il destino. Arrivano poi la sorella di Karen, Susan, con un’amica, Lizzie. Susan è estremamente amichevole, ama viaggiare e chiacchiera volentieri, e cerca subito di mettermi a mio agio in questa riunione di famiglia. Due parole su Lizzie: se ho capito bene la sua storia, qualche anno fa le fu diagnosticato un tumore e le dissero che aveva pochi mesi di vita. Decise quindi di vendere la casa in cui viveva e godersi i soldi, ma sul contratto di vendita era specificato che il nuovo acquirente sarebbe entrato in casa solo alla sua morte. Ora, lei è ancora qui. Ancora in quella casa. E oggi passa il Natale con noi. Non è un bel modo per trascorrere questa giornata? Un gruppo di persone che si incontrano, che ritornano, che si ritrovano tutte intorno al tavolo, a condividere il gigantesco tacchino di Max. E, per finire la giornata, un tuffo in piscina. Davvero un caldo Natale.

5 commenti:

  1. E Buon Natale :)

    Grandiosi l'imbianchino daltonico e le luminarie (fra l'altro pure qui negli USA sotto le feste prendono la cosa sul serio, riempiendo le case di lucine)!

    Che schifo gli insetti! Certo che steroide, cortisone... ancora un po' ed eri pronta a correre il Tour de France :)

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  2. Pensa che i bed bugs sono atterrati anche a Milano ospiti di un tester francese! Abbiamo (ha) speso LIRA di IDDIO per sterilizzare l'appartamento.
    Giorgio aveva persino dovuto lasciare una casa per lo stesso problema, e anch'io quando stavo organizzando il viaggio negli USA mi sono premurata di evitare alberghi segnalati, anche lì è una calamità, soprattutto a NY. C'è un sito utile: http://bedbugregistry.com/
    Pensa che Luca pensava che il nome fosse BAD bugs, ho riso un mese!!!

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