venerdì 18 gennaio 2013

Pipistrelli, palle giganti e alieni



Nuovo episodio della traversata del continente! Quali incredibili avventure ci aspettano?

La mattina seguente si apre con la prospettiva di iniziare a muoversi verso sud, una tappa di tre giorni che si concluderà in quel di Alice Springs. Il tempo si è rimesso al bello e ci concediamo un’abbondante colazione, dopo aver imparato nuovi e creativi modi per bruciare, storpiare e umiliare i pancake (più tardi quella stessa mattina abbiamo ricevuto una diffida ufficiale dall’Associazione Amici del Pancake, da oggi in poi li dovremo comprare già pronti).

Si carica il camper, ormai con una certa maestria, e si parte, salutando prima Cooinda e, dopo una cinquantina di chilometri, l’intero parco di Kakadu. Che luogo magico! Abbiamo visto un sacco di cose ma altrettante sono rimaste da scoprire, dalle Jim Jim Falls alle lunghe camminate nel bush. Sarebbe quasi da tornarci in inverno!

Ma non divaghiamo. Ilaria procede sicura al volante. Ormai abbiamo definito i ruoli: lei è l’autista del mattino, quando può aggredire la strada e investire tutto ciò che incontra. Lei sfreccia al mattino, dicevo, mentre io subentro nel pomeriggio per portare pigramente il mezzo a destinazione. Un po’ Alonso-Massa, per ribadire la metafora ferrarista. Comunque, dopo circa 200 chilometri di paesaggi cangianti, che ci vedono fra l’altro superare la soglia dei primi 1.000 percorsi, torniamo sulla Stuart Highway nei pressi del paesino di Pine Creek.

In teoria dovremmo tirare dritto, ma si decide sul momento per una visita e la cosa ci premia con un luogo piuttosto affascinante, pieno di vestigia della corsa all’oro: binari della ferrovia abbandonati, vecchie locomotive ed enormi macchinari industriali arrugginiti, tutti provenienti dalla vecchia Inghilterra o dalla Scozia. Visto che si è quasi fatta l’una, facciamo un’ulteriore sosta al Lazy Lizard, il pub del paese, dove fra cameriere tutte inquietantemente bionde (avete presente “I bambini venuti dal Brasile”, sì?), selle, teschi e cappellacci consumiamo un lauto pasto a base di hamburger.

La cosa più vecchia in tutta l'Australia. La cosa a sinistra, intendo.
Una novantina di chilometri più a sud si trova l’ultima “città” prima di Alice Springs, vale a dire Katherine, dove hanno deciso di trascorrere la propria vita circa 9.000 persone, per motivi che francamente non riusciamo a comprendere. Il posto è piccolo ma si può trovare di tutto, per cui riforniamo la dispensa in vista delle future grigliate, compriamo un po’ di birra e facciamo un giretto sulla main street. Katherine è una città dove la popolazione aborigena raggiunge percentuali superiori al 50% (e infatti la guida australiana ricorda che è spesso agli onori della cronaca per problemi legati ad alcolismo e violenza). Noi non riusciamo proprio a comprendere come la maggioranza degli esponenti di questo popolo sia composta da individui così evidentemente allo sbando... il mistero è davvero grande.

Lasciatemi puntualizzare che per noi 9.000 abitanti sono 4 gatti, ma per gli standard australiani è una città di dimensioni ragguardevoli!

Teoricamente avremmo già raggiunto la destinazione odierna, ma visto che rimangono un paio di ore di sole e visto che Katherine non ci offre nulla decidiamo di percorrere un altro centinaio di chilometri della Stuart, fino a Mataranka. Qui troviamo un campeggio davvero particolare, nel senso che al suo interno vivono decine di canguri tascabili che sfrecciano ai margini del nostro campo visivo mentre ci occupiamo delle faccende serali. Ma che carini che sono, sembrano delle caprette, si appoggiano sulle zampette anteriori quando avanzano piano e poi via, balzellon balzelloni, quando hanno deciso che ti sei avvicinato troppo.

Cangurino che ci dà il buongiorno

Io però sti canguri a volte li trovo un po’ inquietanti… vanno in fissa, non ti perdono d’occhio un momento e sembrano essere lì lì per attaccarti senza preavviso, in massa. E meno male che sono paciosi erbivori…

La mattinata seguente, dopo un fallito tentativo di collegamento intercontinentale con Vanzago, in occasione della presentazione del calendario bandistico 2013 orchestrato da Ilaria, ci regala una doppia immersione: la prima è quella nella spettacolare pozza termale delle Mataranka Pools, dove si resta a mollo un bel po’, la seconda è quella in un tratto di foresta letteralmente infestato dalle volpi volanti (che dette così sembrano carine, ma in realtà sono pipistrelli, bleargh). Il refrigerio mattutino è necessario perché oggi la strada è lunga.

Hai tralasciato la parte più buffa della faccenda: mentre percorriamo il sentiero che si snoda nella foresta e arriva alla piscina, sentiamo strani rumori intermittenti e di tanto in tanto scrosci d’acqua cadono a terra. Ci vuole un po’ per capire di che si tratta: enormi spruzzatori, alti forse una decina di metri (non sono molto brava a stimare pesi e misure) che girano su se stessi lanciando getti d’acqua. E perché mai? Ma per tenere lontani i pipistrelli! Ma mentre avanziamo sul sentiero, cercando di schivare le pisciatine – sembra di stare in un videogiuoco – ci rendiamo conto che i pipistrelli se ne sbattono altamente di questo accorgimento.

La prima, veloce tappa è all’orribile roadhouse dedicata alla Pantera Rosa – tutto questo kitsch in mezzo al deserto è di una bruttezza notevole. A seguire una veloce sosta a Daly Waters, dove oltre a un vecchio aeroporto si trova un pub decisamente più carino, tappezzato di biglietti da visita e amenità varie: anche noi andiamo ad arricchire la collezione, mentre sul portico fuori dal locale, in un calore allucinante, un paio di aussie si godono le loro birre ghiacciate.

Il pub più famoso della Stuart Highway

Di fronte a loro, un cartello indica dove potete trovare il McDonald’s più vicino.

A soli 286 km

A proposito di birra, voglio sfatare un mito, quello che Ilaria beva da mattino a sera: è tutto falso! Persona estremamente morigerata, Swaggirl in realtà beve pochissimo: figuratevi che bevo più birra io di lei, il che è tutto dire. Della serie: non credete alle leggende metropolitane.

Io non so chi è che sparge certe voci sul mio conto…

Ripresa la marcia puntiamo sempre verso sud, attraversando distese affascinanti dove il panorama cambia di minuto in minuto, e a volte è persino radicalmente diverso a seconda del lato della strada. Le uniche costanti sono gli spazi infiniti e il colore rosso della terra (dovuto al fatto che l’acqua contenuta nel terreno, evaporando, porta in superficie ferro e manganese. Sapevatelo!).

Una deviazione di qualche chilometro dalla Stuart Highway ci porta a Newcastle Waters, città fantasma abbandonata dopo la solita corsa all’oro locale, mentre la tappa seguente è la roadhouse di Renner Springs, dove per convenzione finisce il Top End caldo e umido (ovvero il Northern Territory settentrionale) e inizia il Red Centre caldo e secco. La parola “caldo” permane, come avrete notato.

Siamo ormai a 666 km da Alice Springs e stiamo per raggiungere la meta odierna, Tennant Creek, dopo aver superato Three Ways, il punto in cui dalla Stuart parte la strada che porta nel Queensland, centinaia di chilometri più a est. Tennant Creek ha 3.800 abitanti, e guardandoli capisco che i 9.000 di Katherine hanno fatto bene a stabilirsi là. Avrebbe potuto andargli molto peggio, avrebbero potuto ritrovarsi qui.

Desolazione totale, l’unica cosa che si salva è la piscina del campeggio, che complice un acquazzone pomeridiano è bella fresca (pure troppo per Ilaria, che manco entra).
Il mattino seguente sghignazziamo mentre leggiamo su un cartello “Thank you for visiting Tennant Creek, come back soon”. Aspettateci, eh. Chiamiamo noi.

Anche oggi si viaggia, ma dopo soli cento chilometri, e dopo il cippo dei 2.000 km percorsi, arriviamo in un altro di quei posti che puoi trovare solo qui, vale a dire il luogo dove la natura si è divertita a creare le Devil’s Marbles.

Che cosa sono, direte voi? Enormi palle di pietra, rispondo io – e fin qui niente di eccezionale. Solo che queste palle di pietra sono appoggiate in bilico sopra altre palle di pietra, andando a creare improbabili costruzioni che ora sembrano la casa dei Barbapapà e ora sembrano sfidare le leggi della fisica. I sentierini le percorrono in lungo e in largo e ancora una volta, grazie alla bassa stagione, siamo soli in mezzo a questa meraviglia (che, con grande disappunto di Ilaria, non è compresa nell’elenco del patrimonio UNESCO).

Per chi non lo sapesse, uno dei miei scopi nella vita è visitare tutte le meraviglie UNESCO. Qui in Australia le ho quasi viste tutte!

Le palle del diavolo in tutta la loro gloria

Oltre alle pallone ci sono altre cose interessanti: pezzi di un pickup arrugginito, arrivato chissà come in mezzo alle rocce e sforacchiato da un sacco di proiettili, e lo scheletro rinsecchito di una mucca (o di un alieno, siamo ancora indecisi al riguardo). Studiamo per un po’ le ossa e decidiamo persino di portarcene via un paio come souvenir, sperando di non attirarci addosso qualche strana maledizione aborigena.

Qui abbiamo appena finito di fare colazione
 
Infine, per quanto il posto sia magico, il caldo e la sete vincono a mani basse, e si torna al camper.

Ma il prossimo tratto di strada è breve però, perché ora bisogna fare attenzione, procediamo piano e scrutiamo preoccupati il cielo. Perché, direte voi? Ma perché siamo vicini alla Wycliffe Well Service Station! E allora, direte voi? Come, allora?! Wycliffe Well è la famosissima “UFO Capital of Australia”. Vabbè, togliete il famosissima, ma il resto è vero, almeno secondo loro.

Arredamento a tema, pupazzetti e magliette, un sacco di articoli appesi alle pareti (“Ufo a forma di melograno vaporizza turista tedesco” – giuro) e un ottimo hamburger. Sembra di essere finiti in mezzo a una puntata di X-Files, e a guardarsi attorno, immaginandosi magari queste distese di nulla nel cuore della notte, non sembra così improbabile che qualche alieno scavezzacollo venga da queste parti a fare le penne con la sua motonavetta spaziale.

Alieni poco credibili e italiani in visita
Il paesaggio intanto va facendosi sempre più brullo: gli alberi si diradano, arrivano a tratti a sparire, e lo sguardo può spaziare a 360 gradi sull’orizzonte, ma l’attenzione è sempre alta perché ogni tanto qualche mucca si diverte a camminare esattamente sulla linea della mezzeria. I chilometri che ci separano da Alice Springs scendono: 300, 200, 100. Arriva il primo temporale che ci investe per un breve tratto di strada, per poi regalare un bel doppio arcobaleno. E alla fine avvistiamo il cartello che ci dà il benvenuto ad Alice Springs, la città in mezzo al nulla, il cuore del Red Centre.

Sì, va bene, la vediamo domani: per adesso ci interessa di più il campeggio, la cena alla taverna annessa con tris di carni e una tranquilla serata di relax, disturbata solo dal passaggio del vecchietto che controlla se abbiamo pagato i 20 dollari dovuti. Fino all’ultimo centesimo, maledetto vecchiaccio!

E siamo arrivati anche ad Alice Springs. Quanta strada... ma ne sarà valsa la pena? Stay tuned!

1.490 km, e siamo quasi a metà alfabeto


Km totali percorsi: 25.619

1 commento:

  1. Ahahah, la storia del canguro assassino mi ha fatto morire.
    Cmq sembrano set di un film alcune foto: quella con le ossa a terra è pazzesca. Cosa avete mangiato, un bue? ^_^

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