giovedì 10 gennaio 2013

Houston, abbiamo un problema



Un camper scassato, due piloti overseas, migliaia di chilometri. E tanto, tanto caldo. Se il buongiorno si vede dal mattino, che piega prenderà questo viaggio, considerato quello che succede appena lasciata Darwin?

La seconda notte trascorre insonne – il camper è troppo caldo, la testa non vuole saperne di spegnersi, i lampi illuminano ancora l’orizzonte e gli aerei del vicino aeroporto ogni tanto fanno sentire la loro voce. Eppure non sono stanco: che il mio corpo abbia finalmente iniziato a sintetizzare la sostanza antisonno di cui favoleggio da tempo? Chissà!

Io ho dormito benissimo… No, non è vero. Il mio letto consiste in tre assi incastrate a 70 cm dal soffitto del camper. Ogni sera per salire e ogni mattina per scendere devo esibirmi in mosse da contorsionista. Ogni mattina per scendere. Capito? Io la mattina non so neanche come mi chiamo! E il mio inconscio ogni notte mi sussurra: “Sei proprio certa di poterti abbandonare a sonni tranquilli? E se le assi dovessero spezzarsi?” Al che rispondo mugugnando: “Credo che debba preoccuparsi di più Davide!

Un mattino...

Comunque, già alle 6 del mattino il sole sa picchiare già duro. Lavoricchio sul blog in attesa del risveglio di Ilaria, che fa capolino un’ora più tardi, e poi ci dedichiamo a una bella colazione a base di pancake, che vengono proprio come quelli ammericani (ovviamente siamo già muniti di sciroppo d’acero). Una delizia per iniziare con il piede giusto la giornata!

Ma tu che pancake hai mangiato? Io me li ricordo o sottili come carta velina, immangiabili perché rimasti attaccati alla piastra, o grumi di pasta bruciati fuori e crudi dentro.

E credetemi, c’era proprio bisogno di una partenza lanciata, perché la giornata ha poi preso una pessima piega. Primo, la mia macchina fotografica non è riparabile, non qui almeno: va spedita alla Canon, che in Australia sta “esattamente dalla parte opposta del continente” (a prescindere da dove ci si trovi, credo). Niente da fare, dovrò passare 3 settimane in crisi d’astinenza. Per fortuna potrò usare la macchina di Ilaria, ma mi viene comunque da piangere. Avevo pure preso batteria e scheda di memoria extra... cavolo... mi sa che mi toccherà tornare! :-D

A ogni modo, si gioca con le carte che passa il destino, per cui riposta mestamente la macchina fotografica si risale a bordo del camper e si saluta definitivamente (spero) Darwin, reimboccando la Stuart Highway fino al bivio con la Arnhem, la strada che conduce a Kadadu. 230 km, prevedo un paio d’ore e mezza di strada tranquilla.

Un raro esemplare di uomo-portello, foriero di sventure

Prevedo male... quando siamo all’altezza di un luogo dal pittoresco nome di Humpty Doo, all’improvviso tutte le spie del cruscotto si illuminano che paiono un albero di Natale, accosto subito e diamo inizio a una lunga attesa alla stazione di servizio in attesa del meccanico prima (alternatore rotto) e poi di Pam e Sheldon dell’All Rural Repairs, che dovranno rimettere in sesto il nostro mezzo.

E qui gli australiani danno prova di essere fallibili, iniziando un rimpallo di telefonate fra Darwin, Sidney e Humpty Doo su chi deve mandarci ‘sto benedetto carro attrezzi. Per farla breve, la risposta ben stampata nella mente di tutti i soggetti coinvolti è “lo mandano gli altri”, e così alla fine della giornata ci troviamo con James, il parrucchino del noleggio di Darwin, che si scusa per il disguido, ci dice di prenotare un posto per la notte e aggiunge che rimorchio e riparazione avverranno la mattina seguente.

Nella sfortuna, siamo però fortunati (in fondo il camper s’è fermato a 100 metri da una stazione di servizio e a 150 da un hotel, “world famous” addirittura, non in mezzo a 200 km di deserto). Prendiamo armi e bagagli e ci presentiamo alla reception dell’Humpty Doo Hotel, che si vanta per l’appunto di essere famoso in tutto il mondo. La cosa è così curiosa (perché motivi per vantarsi non ne avrebbe molti, a guardarlo) che chiediamo alla receptionist il perché di tale affermazione: beh, pare che qui sia vissuto un bovino molto particolare, in grado di tracannare birra e altri alcolici in compagnia del nerboruto proprietario, arrivando a superarlo come quantità pure (guarda caso, alla fine è morto per problemi al fegato – il bovino. O il proprietario. O entrambi?). Ora, due considerazioni: uno, come ti viene in mente di far bere la prima birra al tuo bufalo? Due, world famous? Come on...

No, davvero... world famous?

La storia merita più dettagli: il bovino, Norman, è tuttora detentore del record del minor tempo necessario per scolare una stubby, una bottiglia di birra da 2 lt, orgogliosamente prodotta a Darwin. 44 secondi per due litri di birra. Per anni è stato l’ospite d’onore di fiere e manifestazioni, dove si esibiva insieme al suo padrone e a una cassa di bottiglie gigantesche. Attirava gente da tutti gli angoli del paese. Faceva beneficenza e firmava autografi. Questa gente non ha proprio nulla da fare…

A ogni modo il posto è a suo modo piacevole – il tipico motel cadente che vedi in tutti i film dove capita qualcosa di brutto, quello dove alloggia Anton Chigurh, insomma, oppure dove sta Faith.

Io avrei citato Norman Bates, ma sarei banale.

La cena inoltre ci offre la possibilità di mangiare del coccodrillo – cosa decisamente più piacevole del contrario – in un locale dove siamo gli unici clienti, non so se perché sia ancora troppo presto (saranno le 19:30) o troppo tardi, dato che da queste parti vanno tutti a dormire con le galline. Buono il coccodrillo comunque, sa pochissimo di pesce e ha un’ottima consistenza. La prossima volta che vado all’Esselunga vedo se ne hanno.

Dopo una deludente mudcake (ci aspettavamo un tortino di “fanghiglia” da buzzurri del bush e invece arriva una torta al cioccolato con panna e gelato presentata pure in modo raffinato) ci ritiriamo in camera: veri letti!!! Aria condizionata!!! Sembra di stare in galera!!! 

Una galera dell'Alacazzobama

Quindi nell’ordine combatto contro un bacherozzo grosso quanto la mia mano, facciamo il bucato, ci vediamo l’ultimo episodio dello Svarione e chiacchieriamo fino all’assopimento, nella speranza che il mattino seguente Pam e Sheldon si ricordino di noi.

Pam e Sheldon non lo so, ma alla fine qualcuno ha pietà di due poveri camperisti abbandonati al bordo della strada e, verso le 10, vediamo finalmente arrivare il soccorso stradale, guidato da un tizio con un braccio solo (non perché l’altro non lo avesse, ma perché tanto lo usava solo per reggere il cellulare) che in pochi minuti ci porta all’All Rural Repairs, officina attrezzata di tutto punto. 

Chiamate, chiamate... tanto non rispondiamo

Ci vorrà tempo, ovviamente, e i meccanici ci consigliano due luoghi per l’attesa, un caffè e una biblioteca. Free internet? Ovviamente scegliamo la seconda.

Carichi di materiali informatici vaghiamo per le deserte strade di Humpty Doo – dove il sole non è come a Chattanooga, Tennessee, che ti spacca in quattro: qui fa direttamente la divisione ai minimi termini. La biblioteca però è bella fresca ed è quella del college della piccola cittadina: ci ritroviamo attorniati da studenti in divisa, che ci avranno scambiato per dotti luminari in visita dall’estero, grazie alla nostra aria seria e professionale. Non ho dubbi a riguardo!

Dopo aver scritto e pubblicato foto a profusione, è il momento di pensare al nutrimento del corpo: la bibliotecaria mi parla tutta orgogliosa di un centro commerciale che offre ogni genere di cibo noto all’uomo e lì ci dirigiamo, mentre una prodigiosa telefonata ci annuncia che il camper dovrebbe essere pronto entro un paio d’ore. Al centro commerciale (io non ne andrei tanto fiero, signora) mi sfamo mangiando una bella bistecca di squalo, poi una veloce capatina al super e finalmente si torna dal meccanico. Abbiamo l’alternatore nuovo e pagherà tutto JJ (e vorrei pure vedere)! Nel frattempo Travel Wheels, l’agenzia di noleggio, ci ha prolungato di 2 giorni il noleggio aggratis, così recupereremo il tempo perso. Bravi bravi!

Ma se non fossimo rimasti bloccati qui, non avremmo mangiato questo eccellente pasto!

Così, finalmente, riprendiamo la marcia (rigorosamente nella corsia sbagliata per i primi metri) e torniamo sulla Arnhem Higway, dopo aver recuperato i bagagli dal mitico Humpty Doo Hotel. Ora, dal paese a Kakadu ci sono 240 km e in tutto questo tragitto non c’è alcun altro centro abitato, solo una road house ogni 90-100 km. Col senno di poi, ci è andata di stralusso che il guasto sia avvenuto davanti a stazione di servizio e albergo!

La strada è praticamente deserta, la musica fa compagnia (ci hanno pure riparato la cassa destra che non andava!) e Ilaria sonnecchia, oggi il volante tocca a me. Sforiamo di nuovo sui limiti dell’assicurazione, percorrendo gli ultimi 40 km al buio, ma alla fine raggiungiamo la meta, non senza aver notato che ogni rigagnolo d’acqua qui è accompagnato da un cartello che dice qualcosa tipo: “Ma che vuoi bagnarti i piedi? Non lo sai che ci sono i coccodrilli, pirla?

Tramonto sull'Alligator River

Ci infiliamo nel primo caravan park che troviamo e... spettacolo, bar a bordo piscina! Parcheggio veloce, ci si infila il costume e splash – dopo una giornata come questa ci voleva proprio l’immersione totale in una bella pozza d’acqua fresca e nella vasca “finto idromassaggio”! 

Ogni giornata dovrebbe finire così

Si comprano un paio di birre e si torna verso casa, pronti per la mini-grigliata serale in mezzo a giapponesi, tedeschi e (il mondo è piccolo) alle due inglesi che stavano in camera con Ilaria nell’ostello a Darwin.

A riprova del fatto che l’Australia è un paese piccolissimo.

Il resto della serata scorre via tranquillo, disturbato solamente da uccelli troppo rumorosi, evidentemente discendenti dei velociraptor visto che quando li abbagli con la luce si mettono a sibilare e spalancano le ali con aria minacciosa (attenti, belli, che abbiamo appena finito la carne da grigliare...). E così anche il quarto giorno giunge alla sua conclusione.

PS: Amici australiani, una nota. Se non avete l’acqua fredda, è inutile che mettiate i rubinetti con scritto “cold” nei bagni. Uno si illude, arriva lì, la apre sperando di trovare acqua di fonte di montagna e invece scende un liquido pronto per prepararci il tè. Mi chiedo cosa accada ai poveri disgraziati che per errore aprono il rubinetto “hot”.

Incredibile! Dopo tanto peregrinare, ce l'abbiamo fatta, siamo a Kakadu! Nell'immagine sotto, notare la lunghisssssima strada che abbiamo fatto prima di bloccarci ad Humpty Doo (punto B).

255 km
 Km totali percorsi: 24.129

4 commenti:

  1. Ti fa onore il fatto che tu non ti sia mai schiantata sul pavimento del camper durante le fasi di ascesa/discesa al "letto", in effetti.
    E fa molto onore alle assi il fatto di non aver ceduto. A guardarle non gli avrei dato due lire, specie considerato il modo in cui si curvavano, viste da sotto! E invece...

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  2. LOL, Davide sta cercando di dirti qualcosa?

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    1. Non volevo dirlo io per non passare per permalosa...

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    2. Ahahah ma no. E' che le assi erano sottili, dai. Se volevamo sottoporle a una prova di resistenza al peso, dovevo dormire io di sopra... allora sì che finiva male! :D

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