Un camper
scassato, due piloti overseas, migliaia di chilometri. E tanto, tanto caldo. Se
il buongiorno si vede dal mattino, che piega prenderà questo viaggio,
considerato quello che succede appena lasciata Darwin?
La seconda
notte trascorre insonne – il camper è troppo caldo, la testa non vuole saperne
di spegnersi, i lampi illuminano ancora l’orizzonte e gli aerei del vicino
aeroporto ogni tanto fanno sentire la loro voce. Eppure non sono stanco: che il
mio corpo abbia finalmente iniziato a sintetizzare la sostanza antisonno di cui
favoleggio da tempo? Chissà!
Io ho dormito
benissimo… No, non è vero. Il mio letto consiste in tre assi incastrate a 70 cm
dal soffitto del camper. Ogni sera per salire e ogni mattina per scendere devo
esibirmi in mosse da contorsionista. Ogni mattina per scendere. Capito? Io la
mattina non so neanche come mi chiamo! E il mio inconscio ogni notte mi
sussurra: “Sei proprio certa di poterti abbandonare a sonni tranquilli? E se le
assi dovessero spezzarsi?” Al che rispondo mugugnando: “Credo che debba
preoccuparsi di più Davide!”
Un mattino... |
Comunque, già
alle 6 del mattino il sole sa picchiare già duro.
Lavoricchio sul blog in attesa del risveglio di Ilaria, che fa capolino un’ora
più tardi, e poi ci dedichiamo a una bella colazione a base di pancake, che
vengono proprio come quelli ammericani (ovviamente siamo già muniti di sciroppo
d’acero). Una delizia per iniziare con il piede giusto la giornata!
Ma tu che
pancake hai mangiato? Io me li ricordo o sottili come carta velina,
immangiabili perché rimasti attaccati alla piastra, o grumi di pasta bruciati
fuori e crudi dentro.
E credetemi, c’era
proprio bisogno di una partenza lanciata, perché la giornata ha poi preso una
pessima piega. Primo, la mia macchina fotografica non è riparabile, non qui
almeno: va spedita alla Canon, che in Australia sta “esattamente dalla parte
opposta del continente” (a prescindere da dove ci si trovi, credo). Niente da
fare, dovrò passare 3 settimane in crisi d’astinenza. Per fortuna potrò usare
la macchina di Ilaria, ma mi viene comunque da piangere. Avevo pure preso
batteria e scheda di memoria extra... cavolo... mi sa che mi toccherà tornare!
:-D
A ogni modo,
si gioca con le carte che passa il destino, per cui riposta mestamente la
macchina fotografica si risale a bordo del camper e si saluta definitivamente
(spero) Darwin, reimboccando la Stuart
Highway fino al bivio con la Arnhem, la strada che
conduce a Kadadu. 230 km,
prevedo un paio d’ore e mezza di strada tranquilla.
Un raro esemplare di uomo-portello, foriero di sventure |
Prevedo
male... quando siamo all’altezza di un luogo dal pittoresco nome di Humpty Doo,
all’improvviso tutte le spie del cruscotto si illuminano che paiono un albero
di Natale, accosto subito e diamo inizio a una lunga attesa alla stazione di
servizio in attesa del meccanico prima (alternatore rotto) e poi di Pam e
Sheldon dell’All Rural Repairs, che dovranno rimettere in sesto il nostro
mezzo.
E qui gli
australiani danno prova di essere fallibili, iniziando un rimpallo di telefonate
fra Darwin, Sidney e Humpty Doo su chi deve mandarci ‘sto benedetto carro
attrezzi. Per farla breve, la risposta ben stampata nella mente di tutti i
soggetti coinvolti è “lo mandano gli altri”, e così alla fine della giornata ci
troviamo con James, il parrucchino del noleggio di Darwin, che si scusa per il
disguido, ci dice di prenotare un posto per la notte e aggiunge che rimorchio e
riparazione avverranno la mattina seguente.
Nella
sfortuna, siamo però fortunati (in fondo il camper s’è fermato a 100 metri da una stazione
di servizio e a 150 da un hotel, “world famous” addirittura, non in mezzo a 200 km di deserto).
Prendiamo armi e bagagli e ci presentiamo
alla reception dell’Humpty Doo Hotel, che si vanta per l’appunto di essere
famoso in tutto il mondo. La cosa è così curiosa (perché motivi per vantarsi
non ne avrebbe molti, a guardarlo) che chiediamo alla receptionist il perché di
tale affermazione: beh, pare che qui sia vissuto un bovino molto particolare,
in grado di tracannare birra e altri alcolici in compagnia del nerboruto
proprietario, arrivando a superarlo come quantità pure (guarda caso, alla fine
è morto per problemi al fegato – il bovino. O il proprietario. O entrambi?).
Ora, due considerazioni: uno, come ti viene in mente di far bere la prima birra
al tuo bufalo? Due, world famous? Come on...
No, davvero... world famous? |
La storia
merita più dettagli: il bovino, Norman, è tuttora detentore del record del
minor tempo necessario per scolare una stubby, una bottiglia di birra da 2 lt,
orgogliosamente prodotta a Darwin. 44 secondi per due litri di birra. Per anni
è stato l’ospite d’onore di fiere e manifestazioni, dove si esibiva insieme al
suo padrone e a una cassa di bottiglie gigantesche. Attirava gente da tutti gli
angoli del paese. Faceva beneficenza e firmava autografi. Questa gente non ha
proprio nulla da fare…
A ogni modo
il posto è a suo modo piacevole – il tipico motel cadente che vedi in tutti i
film dove capita qualcosa di brutto, quello dove alloggia Anton Chigurh,
insomma, oppure dove sta Faith.
Io avrei
citato Norman Bates, ma sarei banale.
La cena
inoltre ci offre la possibilità di mangiare del coccodrillo – cosa decisamente
più piacevole del contrario – in un locale dove siamo gli unici clienti, non so
se perché sia ancora troppo presto (saranno le 19:30) o troppo tardi, dato che
da queste parti vanno tutti a dormire con le galline. Buono il coccodrillo
comunque, sa pochissimo di pesce e ha un’ottima consistenza. La prossima volta
che vado all’Esselunga vedo se ne hanno.
Dopo una deludente mudcake (ci aspettavamo un tortino di “fanghiglia” da buzzurri del bush e
invece arriva una torta al cioccolato con panna e gelato presentata pure in
modo raffinato) ci ritiriamo in camera: veri letti!!! Aria condizionata!!!
Sembra di stare in galera!!!
Una galera dell'Alacazzobama |
Quindi nell’ordine combatto contro un bacherozzo
grosso quanto la mia mano, facciamo il bucato, ci vediamo l’ultimo episodio
dello Svarione e chiacchieriamo fino all’assopimento, nella speranza che il
mattino seguente Pam e Sheldon si ricordino di noi.
Pam e Sheldon
non lo so, ma alla fine qualcuno ha pietà di due poveri camperisti abbandonati
al bordo della strada e, verso le 10, vediamo finalmente arrivare il soccorso
stradale, guidato da un tizio con un braccio solo (non perché l’altro non lo
avesse, ma perché tanto lo usava solo per reggere il cellulare) che in pochi
minuti ci porta all’All Rural Repairs, officina attrezzata di tutto punto.
Chiamate, chiamate... tanto non rispondiamo |
Ci
vorrà tempo, ovviamente, e i meccanici ci consigliano due luoghi per l’attesa,
un caffè e una biblioteca. Free internet? Ovviamente scegliamo la seconda.
Carichi di
materiali informatici vaghiamo per le deserte strade di Humpty Doo – dove il
sole non è come a Chattanooga, Tennessee, che ti spacca in quattro: qui fa
direttamente la divisione ai minimi termini. La biblioteca però è bella fresca
ed è quella del college della piccola cittadina: ci ritroviamo attorniati da
studenti in divisa, che ci avranno scambiato per dotti luminari in visita
dall’estero, grazie alla nostra aria seria e professionale. Non ho dubbi a
riguardo!
Dopo aver
scritto e pubblicato foto a profusione, è il momento di pensare al nutrimento
del corpo: la bibliotecaria mi parla tutta orgogliosa di un centro commerciale
che offre ogni genere di cibo noto all’uomo e lì ci dirigiamo, mentre una
prodigiosa telefonata ci annuncia che il camper dovrebbe essere pronto entro un
paio d’ore. Al centro commerciale (io non ne andrei tanto fiero, signora) mi
sfamo mangiando una bella bistecca di squalo, poi una veloce capatina al super e finalmente si torna dal
meccanico. Abbiamo l’alternatore nuovo e pagherà tutto JJ (e vorrei pure
vedere)! Nel frattempo Travel Wheels, l’agenzia di noleggio, ci ha prolungato
di 2 giorni il noleggio aggratis, così recupereremo il tempo perso. Bravi
bravi!
Ma se non fossimo rimasti bloccati qui, non avremmo mangiato questo eccellente pasto! |
Così,
finalmente, riprendiamo la marcia (rigorosamente nella corsia sbagliata per i
primi metri) e torniamo sulla Arnhem Higway, dopo aver recuperato i bagagli dal
mitico Humpty Doo Hotel. Ora, dal paese a Kakadu ci sono 240 km e in tutto questo
tragitto non c’è alcun altro centro abitato, solo una road house ogni 90-100 km. Col senno di poi, ci
è andata di stralusso che il guasto sia avvenuto davanti a stazione di servizio
e albergo!
La strada è
praticamente deserta, la musica fa compagnia (ci hanno pure riparato la cassa
destra che non andava!) e Ilaria sonnecchia, oggi il volante tocca a me.
Sforiamo di nuovo sui limiti dell’assicurazione, percorrendo gli ultimi 40 km al buio, ma alla fine
raggiungiamo la meta, non senza aver notato che ogni rigagnolo d’acqua qui è
accompagnato da un cartello che dice qualcosa tipo: “Ma che vuoi bagnarti i
piedi? Non lo sai che ci sono i coccodrilli, pirla?”
Tramonto sull'Alligator River |
Ci infiliamo
nel primo caravan park che troviamo e... spettacolo, bar a bordo piscina! Parcheggio
veloce, ci si infila il costume e splash – dopo una giornata come questa ci
voleva proprio l’immersione totale in una bella pozza d’acqua fresca e nella
vasca “finto idromassaggio”!
Ogni giornata dovrebbe finire così |
Si comprano un paio di birre e si torna verso casa,
pronti per la mini-grigliata serale in mezzo a giapponesi, tedeschi e (il mondo
è piccolo) alle due inglesi che stavano in camera con Ilaria nell’ostello a
Darwin.
A riprova del
fatto che l’Australia è un paese piccolissimo.
Il resto
della serata scorre via tranquillo, disturbato solamente da uccelli troppo
rumorosi, evidentemente discendenti dei velociraptor visto che quando li
abbagli con la luce si mettono a sibilare e spalancano le ali con aria
minacciosa (attenti, belli, che abbiamo appena finito la carne da grigliare...).
E così anche il quarto giorno giunge alla sua conclusione.
PS: Amici
australiani, una nota. Se non avete l’acqua fredda, è inutile che mettiate i
rubinetti con scritto “cold” nei bagni. Uno si illude, arriva lì, la apre
sperando di trovare acqua di fonte di montagna e invece scende un liquido pronto per
prepararci il tè. Mi chiedo cosa accada ai poveri disgraziati che per errore
aprono il rubinetto “hot”.
Incredibile! Dopo tanto peregrinare, ce l'abbiamo fatta, siamo a Kakadu! Nell'immagine sotto, notare la lunghisssssima strada che abbiamo fatto prima di bloccarci ad Humpty Doo (punto B).
255 km |
Km totali percorsi: 24.129
Ti fa onore il fatto che tu non ti sia mai schiantata sul pavimento del camper durante le fasi di ascesa/discesa al "letto", in effetti.
RispondiEliminaE fa molto onore alle assi il fatto di non aver ceduto. A guardarle non gli avrei dato due lire, specie considerato il modo in cui si curvavano, viste da sotto! E invece...
LOL, Davide sta cercando di dirti qualcosa?
RispondiEliminaNon volevo dirlo io per non passare per permalosa...
EliminaAhahah ma no. E' che le assi erano sottili, dai. Se volevamo sottoporle a una prova di resistenza al peso, dovevo dormire io di sopra... allora sì che finiva male! :D
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