La giornata al
King’s Canyon parte bene: cielo sereno, temperatura piacevole, un po’ di tempo
speso scrivendo un post. Penso di condire il tutto con una passeggiatina, giro
attorno al camper e mi accorgo che, dai e dai, parlare male degli aborigeni ha
fatto arrabbiare il Serpente Arcobaleno, una delle loro divinità più cattive.
Da vero dio vendicativo, il signor Serpente nella notte è strisciato fino al
nostro camper e... ci ha bucato una gomma! Ma porc...
Così, mentre
Ilaria dorme il sonno delle giuste, io mi cimento nel cambio dello pneumatico,
che comprende lo scavare una buca sotto la gomma perché il cric non riesce a
sollevare abbastanza tutto l’ambaradan.
Si sta di nuovo insinuando qualcosa sul mio peso? Comunque, in tutto ciò io avverto fra sonno e
veglia che il camper ondeggia in maniera bizzarra. Indecisa se si tratta di un
sogno o se è Davide che mi sta facendo uno scherzo, decido di ignorare la cosa
con tutte le mie forze. E, quando mi alzo, c’è la gomma nuova!
Finisco
giusto in tempo per la colazione, quindi per fortuna non abbiamo perso tempo,
ma sembro un minatore appena sbucato dalle miniere del Sulcis, per cui come
prima cosa si impone una doccia.
Salutata senza
troppi rimpianti (e qualche vaffa) la
King’s Creek Station procediamo verso nord per gli ultimi
chilometri che ci separano dalla meta odierna. L’ambiente è ancora una volta
incredibile: per oltre 30 km
sulla nostra destra ci segue il margine roccioso di un altopiano che precipita
nella pianura sottostante da un centinaio di metri d’altezza. La sera prima,
con le rocce rosse rese lucide dalla pioggia, la vista era persino migliore, ma
anche così non ci lamentiamo.
Come non ci
lamentiamo quando arriviamo al canyon: anzi, facciamo che restiamo a bocca
aperta! Ancora una volta ci addentriamo fra alte pareti rocciose, in mezzo a
una vegetazione rigogliosa, camminando sul fondo della gola fino al termine del
sentiero e scoprendo una pozza d’acqua dove nuotano centinaia di girini e altre
creature assortite.
In fondo al King's Canyon, si posa per la foto di rito |
Poi decidiamo
di cimentarci anche nel tragitto più impegnativo (dopo i Monti Olga e Ayers
Rock non ci spaventa niente), vale a dire il giro delle pareti del canyon, che
inizia l’ascesa della Scala senza fine del Signore
degli Anelli.
Una volta giunti in cima iniziamo a camminare fra cupole rocciose
fatte a strati, frutto della sedimentazione della sabbia – che strano, altrove
le rocce diventano sabbia, qui avviene l’esatto contrario! Ancora una volta ci
troviamo estasiati da un panorama diverso da tutti quelli che abbiamo visto
finora e capace di lasciarci senza parole.
Pronto a spiccare il volo! |
Quando poi il
sentiero ti porta sul bordo del canyon, a un passo dal baratro e con una vista
che spazia sulla lontana pianura, beh... la bellezza è troppa, non si può
descrivere, dovete proprio andarci!
Il giro prosegue,
fra infiniti saliscendi, portandoci prima ai Giardini dell’Eden, dove ancora
vivono le piante dei tempi in cui l’Australia era un posto umido, e poi
sull’altro lato del King’s Canyon, su rocce che non sono semplicemente a
strapiombo: si protendono nel vuoto, sfidando la legge di gravità.
Saranno le
fatiche dei due giorni precedenti, saranno i dislivelli, sarà il sole che oggi
sembra particolarmente caldo, sarà l’acqua che qui fa veramente schifo, insomma
ci stanchiamo parecchio e non vediamo l’ora di tornare al punto di partenza.
Certo che il King’s Canyon è davvero un luogo straordinario: anche questo a
parere mio e, credo, di Ilaria, riesce a superare in bellezza Ayers Rock.
Confermo.
Salutiamo con
un certo dispiacere i suoi strapiombi e ci dirigiamo al resort che si trova lì
a pochi chilometri: oggi niente panini al formaggio, cetrioli e carote, oggi
vogliamo mettere nello stomaco qualcosa di sostanzioso! E cosa può esserci di
meglio di un gustoso hamburger di cammello? Bene, dopo il coccodrillo e lo
squalo abbiamo assaggiato anche questo, ora non mi resta che provare il canguro!
Incredibile: hanno infilato un cammello qui dentro! |
Il tempo
stringe (il limone pure N.d.R.):
mentre si scatena il solito acquazzone pomeridiano facciamo una sosta dal
gommista locale, che sistema la gomma bucata (viaggiare senza ruota di scorta
da queste parti è poco raccomandabile) e poi via verso la Erldunda Station,
dove torniamo di nuovo sulla Stuart Highway, pronti a svoltare verso sud in
direzione del South Australia. Ma non oggi: la giornata lascia solo il tempo
dell’ennesima piscina e di una buona cena con pasta allo zafferanno, mentre due
simpatici micioni ci fanno compagnia. Miao!
La mattina
seguente il micio fa colazione con noi, ma non possiamo perdere troppo tempo perché
ci aspettano 1.200 km
da percorrere in due giornate, per cui fatti armi e bagagli si parte e, dopo un
centinaio di chilometri, si abbandona il Northern Territory per entrare nel South
Australia.
Attraversi la strada e cambi fuso
orario. Roba da matti.
Benvenuti! |
Vicino al confine ci sono un sacco di cartelli che ci avvisano che, qualora
venissimo sorpresi a importare frutta o simile dal nord, verremmo giustiziati
con un colpo alla nuca al margine della strada. Visto che ne abbiamo parecchia,
di frutta, decidiamo di mangiarla tutta – disponendola bene in vista sul
cruscotto nel procedimento.
A ogni modo,
stiamo entrando nella parte più desolata del viaggio, quella attraverso il vero
“nulla”. Già la roadhouse di Marla ci sembra ai limiti delle possibilità di
sopravvivenza umane, ma più si procede verso sud più l’ambiente va facendosi
brullo e le querce del deserto che punteggiavano l’area di Ayers Rock lasciano
il posto a... beh, a niente, a dire il vero.
Ma è solo
quando, in serata, raggiungiamo Coober Pedy che ci rendiamo conto di aver
definitivamente lasciato il pianeta Terra. Questo paesino multietnico (ci
vivono persone di 44 nazionalità diverse) è il centro mondiale dell’estrazione
degli opali, visto che da qui proviene il 90% di queste pietre, ed è anche un
posto dove fa molto caldo, dove la gente vive sottoterra, dove il primo albero
mai visto è stato realizzato con scarti metallici. Un posto unico, insomma, che
io e Ilaria esploriamo a piedi, passando davanti al club dei minatori
italo-australiani e al Big Winch, un grosso argano di cui qui vanno giustamente
(???) fieri.
E si tratta pure di una copia! L'originale è andato distrutto... meno male che l'hanno ricostruito, eh. |
Come se non bastasse tutto questo a
renderlo un posto bizzarro, un matto ha pensato bene di aprire un museo a cielo
aperto con le sue eccentriche opere d’arte. Uno scenario post-apocalittico
nevvero.
Anche il
campeggio che troviamo per la sera è particolare: ricavato in una vecchia
miniera di opali è isolato, ventoso e spettacolare. Potremmo anche scendere a
dormire sottoterra, ma dato che per andare sottoterra c’è sempre tempo,
decidiamo di rimanere in superficie. Trovata la sistemazione per la notte,
torniamo in città, per cenare al raffinato ristorante Umberto, dove un cliente scassamaroni tira un pippone di 20 minuti
a un cuoco derelitto per un piatto venuto male. Quando torniamo al camping è
ormai notte inoltrata e sopra di noi, in un cielo nero, brillano miliardi e
miliardi di stelle – e passa pure un satellite. Emozioneee!
E non menzioni che hai anche
assaggiato il canguro?
E poi,
durante la notte: freddoooo! Dopo non aver dormito per il caldo, ecco che mi
sveglio per il gelo del deserto – per fortuna riesco ad afferrare a tentoni uno
dei sacchi a pelo che non avrei mai creduto di dover usare e mi riaddormento
subito.
Il mattino
dopo ci svegliamo infreddoliti – tanto che quando faccio la doccia
apro addirittura il rubinetto dell’acqua calda! – e ce la prendiamo comoda
prima di comprare un po’ di opali (mi arresteranno in frontiera, lo so) e di
tornare a Coober Pedy per un ultimo saluto e soprattutto per vedere i set cinematografici
abbandonati (qui hanno girato Mad Max III,
Priscilla la Regina del Deserto, Pitch Black, Fino alla Fine del Mondo e molti altri) e fare spesa. Così sono
quasi le 11 quando salutiamo la cittadina, che per ora vince la palma di posto
più strano che io abbia mai visto.
Che modo di parcheggiare! |
In teoria ci
aspettano 540
chilometri di nulla fino a Port Augusta, dove finalmente
rivedremo il mare! Invece questo nulla si riempie di tanti tipi di nulla
diversi, che ci affascinano mentre chiacchieriamo del telefilm più bello delmondo, di cinema e di aborigeni sfaccendati. Le miniere di opali lasciano il
posto a territori sconfinati, con l’orizzonte che si perde in ogni direzione.
Gli alberi appaiono a tratti e per decine di chilometri viaggiamo in regioni
dove crescono soltanto pochi ciuffi d’erba.
Nel
pomeriggio, quando la meta si avvicina, le cose si fanno ancora più
interessanti. Prima compare uno spettacolare lago salato, che io e Ilaria
raggiungiamo a piedi, trovando un bel cartello che avvisa di non raccogliere
nulla da terra perché potrebbero essere ordigni inesplosi (tutta l’area fa
parte di un poligono militare). Poi arriviamo a Woomera, la base operativa da
dove negli anni ’50 si gestivano i test atomici e missilistici che gli inglesi conducevano
nel deserto lì vicino. La città, che è ancora una struttura militare operativa,
mette i brividi tanto è vuota e bizzarra, così ci affrettiamo a visitare il suo
museo all’aperto, pieno di missili, aerei e armi varie, e poi riprendiamo la
strada verso sud.
Il progetto con cui Swaggirl ha vinto la Fiera della Scienza locale |
A questo punto mi sembrava di essere
in un episodio di, che so, Fringe, o X-Files. Mi aspettavo una comunità di
polidattili, microcefali, gente che si scopa le proprie sorelle. Invece proprio
il nulla assoluto. Una città fantasma.
In mezzo a panorami
sempre mozzafiato, la Stuart Highway
scende lentamente ma costantemente verso il mare e Port Augusta, dove arriviamo
quando sono le sette di sera passate – grazie all’ora legale, entrata in vigore
il 1 dicembre, il sole è però ancora alto e possiamo goderci un buon barbecue
ristoratore. Niente piscina però, che fa freddo pure qui!
Ce lo dico da soli: quanta strada, quante cose... bravi!
1.278 km |
Km totali: 27.348. E siamo quasi arrivati!
Non sto insinuando "di nuovo" qualcosa sul tuo peso, visto che non l'ho maaaaai fatto.
RispondiEliminaCerto che se continui a tirare in ballo l'argomento i tuoi lettori penseranno che hai la coda di paglia :D
Cmq... dove lo trovi qualcuno che ti cambia la gomma bucata mentre dormi tranquilla sul veicolo, eh? Manco in Ferrari!!!