domenica 16 dicembre 2012

Dove l'ombra nera scende



Altro che due settimane di pausa, eh? Mi sono presa qualche giorno in più. Come dicevo, sono invecchiata e il riposo è necessario. E a volte non è una cosa semplice da ottenere.
Per esempio, durante un viaggio notturno in bus. Partenza idealmente alle 23 dalla stazione di Bundaberg; il bus non si presenta prima delle 23.40. Fino ad allora, desolazione semi-totale, e fa pure un gran freddo. Insieme a me ci sono due ragazzi francesi ad aspettare. Lo scenario è un po’ creepy, ma sul piazzale della stazione si affaccia l’ingresso di un ostello, dal quale esce musica a volume piuttosto alto, quindi sono tranquilla. Ho passato le ultime ore a casa dello zio Ray, che vive in città ed è stato tanto gentile da ospitarmi in attesa della partenza: l’alternativa sarebbe stata ciondolare in giro per la città con tutto il mio bagaglio, e capirete che ci sono cose che pure una randagia come me non può tollerare in misura così abbondante.

Finalmente arriva l’autobus, dicevo. Tutti si accalcano intorno all’autista, che controlla i biglietti e carica le valigie a seconda della destinazione. “Per Airlie Beach, da questa parte.” C’è poi la corsa ai posti liberi: è notte, e i sedili sono occupati da persone accampate alla meno peggio per trascorrere la notte. Ci sono anche un paio di bambini piccolissimi, speriamo che facciano i bravi. Finalmente trovo due posti liberi e mi svacco con armi e bagagli. Un paio di piedi aromatizzati Camambert 1978 sconfinano dalla fila dietro sul mio sedile. Santo cielo, non ho più la forza per fare queste cose. E naturalmente di dormire non se ne parla. L’unica cosa che mi sento di fare, fra una sosta e l’altra, è ascoltare la musica. Cerco di scrutare il paesaggio notturno e mi rendo conto che sto attraversando esattamente gli stessi luoghi che ho visitato solo qualche settimana prima. Persino le fermate sono le stesse: Rockhampton, Sarina, Mackay, Bowen. È bello questo senso di familiarità geografica, così posso rendermi conto di quanto manca alla destinazione; ed è una bella soddisfazione scoprire di conoscere tanto bene una parte di mondo di cui ignoravo l’esistenza fino a poco tempo fa. Allo stesso tempo affiorano la nostalgia e la stanchezza: ho passato in questi luoghi quasi due mesi, e quando iniziavo a sentirmi a casa, sono salita di nuovo su un bus. Forse è un comportamento un po’ incoerente, decidere di partire sempre, anche se questo provoca sofferenza. Ma c’è ancora tanta Australia da vedere.

Con più di due ore di ritardo, alle 11 del nuovo giorno, entriamo ad Airlie Beach, che forse alcuni di voi ricorderanno come il punto di partenza per quel luogo meraviglioso che è l’arcipelago delle Whitsundays. Manco a dirlo, ancora una volta mi sembra che solo un mese fa il luogo fosse molto più bello. Sarà che nel frattempo ci siamo avvicinati all’alta stagione, e le strade sono affollate di turisti. Molto più probabilmente, la notte insonne mi ha reso un po’ irascibile. Cercherò di recuperare questa notte. Che grande idea che ho avuto, spezzare il viaggio in due tappe!

Trascino tutto il bagaglio all’ostello (meno male che l’ho prenotato combinando i due fondamentali criteri di economicità e distanza dalla fermata del bus – non è vicino per niente!), e se ero già smaronata causa ritardo e mancanza di sonno, ora non migliorano certo le cose dicendomi che è troppo presto per il check in e che devo tornare alle 12. OK, mi ripresento alla reception alle 12. “No, è troppo presto per il check in. Devi tornare alle 12.30.” Eccheccazzo. Medito se mettermi il costume e andare a rinfrescarmi nella laguna, ma sono troppo stanca e demotivata. Non faccio altro che aspettare su una panchina, dove credo di trovare i primi australiani scorbutici del mio viaggio, ai quali chiedo se posso sedermi e i quali mi rispondono con una faccia che dice: “Fai un po’ quel cazzo che ti pare.” Sempre più smaronata. Finalmente è giunta l’ora del check in e prendo possesso della camera. Bella lì, camera da 8, ma solo 2 persone, una tedesca e un inglese. Domande di rito, di dove sei, quanto stai qui, dove vai, sei qui col working holiday, dove sei stato finora… Bravi tutti, ora però ho bisogno di trovare un internet spot. Mi reco quindi all’agenzia turistica per backpacker Peterpan Adventure, presso la quale si può usufruire gratuitamente di PC e connessione a patto di mostrare il braccialettino che attesta che sei un loro cliente. Ah che bello, una nuova scoperta: il braccialettino non serve più a una cippa, devi acquistare la card (2 $) che ti permette di usare internet in tutte le agenzie Peterpan. Non è per i due dollari in sé, naturalmente: è solo che da un po’ di tempo a questa parte ho la sensazione che l’Australia non sia quel paese dei balocchi che si favoleggia, nessuno è lì pronto a offrirti lavoro, soldi e l’esperienza della vita for free. Piuttosto, sembra che gli australiani si siano resi conto che i backpacker siano un flusso continuo e abbonante di polli felici di farsi spennare, una fonte inesauribile di denaro e soprattutto di forza lavoro a buon mercato. OK, la smetto con la polemica, è chiaro che oggi vedo tutto nelle più diverse sfumature di nero.

Finalmente torno in contatto col mondo, ed ecco la nuova brutta sorpresa della giornata (al peggio non c’è limite): Luciana mi fa sapere che purtroppo non riusciremo a incontrarci a Cairns. Momento spiegone: forse ricorderete Luciana, che avevo incontrato a Brisbane pochi giorni prima che lasciassi la città. Mentre io mi spostavo a nord e lavoravo in fattorie e resort e visitavo luoghi da sogno, lei aveva deciso di trasferirsi a Cairns. Ci eravamo ripromesse di ritrovarci lì, dal momento che io avrei sfiorato la città per l’eclissi del 14 novembre. E ora mi diceva che non ce l’avrebbe fatta, perché aveva trovato lavoro fuori città e si era già trasferita. Non avete idea della delusione: lasciare gli amici di Bundaberg e sperare di incontrare un’altra amica che ti rendesse la separazione un po’ meno difficile, soprattutto in un momento di malinconia come quello che stavo vivendo… e invece nulla! Con la brutta notizia in tasca me ne torno in ostello, e con disappunto – di che ti stupisci – incontro due altre ospiti della stanza, due ragazze austriache. La popolazione germanofona fa subito amicizia e mi lascia lì per passare la serata a fare baldoria: sembra brutto, ma meglio così, non ho proprio voglia di essere socievole oggi. Voglio solo cenare e andare a dormire. Alle 22 quindi spengo la luce. Alle 23 viene riaccesa senza ritegno, e se possibile con ancor meno riguardi nei miei confronti una massa di gente entra in stanza ridendo e scherzando come se fossero in spiaggia. Non posso credere alle mie orecchie, non posso pensare che se ne sbattano in cotale misura della persona che sta teoricamente dormendo. Li lascio andare avanti per qualche minuto, sperando che la loro intenzione sia quella di abbandonare la stanza al più presto. Quando mi rendo conto che non è così, me ne esco con un “Please, guys!”, che ovviamente non impressiona nessuno. L’unico effetto che riesco a ottenere è il passaggio a un tono di voce normale. Maledetti backpacker. Li insulto mentalmente al meglio delle mie possibilità, metto la testa sotto il cuscino e aspetto che se ne vadano, che gli caschi la lingua o che li colpisca un fulmine. Delle tre, purtroppo la prima è quella che si verifica, e finalmente posso tornare a dormire, promettendomi che domani quando mi sveglierò farò più chiasso possibile. Quanto sono meschina. Ma lo capite che arrivavo da una giornata veramente di merda?

Il giorno successivo parte con presupposti migliori (peggiori sarebbe stato impossibile). Mi arriva un messaggio di Luciana: “Ila, non ci crederai, ma riusciremo a incontrarci a Cairns!” Evvai! Tutta baldanzosa rinuncio ai miei propositi di vendetta nei confronti dei miei compagni di stanza, vado a fare colazione, check out e mi dirigo alla fermata dell’autobus che, attenzione, arriva puntuale. Mentre carico la mia valigia, accanto a me sento parlare italiano, e bisognosa di conforto umano dopo la giornata di ieri, faccio una cosa che raramente accade: mi faccio riconoscere. “Italiani?” “Sì.” “Di dove?” “Lei di Torino, io di vicino Milano.” “Dai, pure io! Di dove, esattamente?” Rullo di tamburi… “Busto Arsizio.” La Terra di Merdor!!! Non me ne vogliano i bustocchi di tutto il mondo, ma la citazione era inevitabile. Che sorpresa incredibile, trovare un vicino di casa ad Airlie Beach. Ci mettiamo comodi sul bus, partiamo, e iniziano 10 ore di chiacchiere. Che poi includono sempre le solite domande: cosa fai qui, da quanto sei in Australia, che facevi in Italia… Dino vive a Melbourne e lavora come tecnico audio per concerti ed eventi. È in Australia da parecchi anni ormai e qui sembra aver trovato l’America. Valentina è un’amica di vecchia data che è venuta a trovarlo per spezzare l’inverno piemontese. Avete idea di quanto sia incredibile un incontro del genere? Non è puramente una questione di oh, proveniamo dalla stessa zona… La cosa più bella è mettersi a parlare degli stessi luoghi ed esperienze: non solo Dino mi nomina locali della vivace scena dell’hinterland nord-occidentale che anche io ho frequentato per anni (Circolone, anyone?), ma finiamo per scoprire che entrambi abbiamo vissuto a Dublino (sebbene in momenti diversi), addirittura quasi dirimpettai sulle opposte sponde del Liffey, e anche lì si bazzicavano gli stessi posti: Whelan’s, Mezz, Porter House… OK, qualche puntiglioso dirà che a Dublino la scelta è limitata, ma suvvia! non rovinatemi l’attimo, il momento in cui il karma si è reso conto di esserci andato giù pesante con me e ha deciso di farsi perdonare.

Il viaggio trascorre in maniera molto più piacevole rispetto alla tappa precedente, e puntuali alle 19.30 arriviamo a Cairns. Decidiamo di cenare insieme non appena sbrigati gli obblighi di rito nei rispettivi ostelli, e ci salutiamo. L’ultima volta che sono stata a Cairns non ne ero rimasta per nulla entusiasta, ma oggi l’impressione è più positiva. Senza dubbio merito di una migliore disposizione d’animo: giustapponete luce e ombra, ed entrambe saranno molto più estreme. Scusate, le fatiche del viaggio e il poco sonno mi fanno straparlare. Mi fiondo in ostello, e ancora prima di entrare Luciana mi viene incontro per offrirmi un abbraccio da manuale. Lascio giù tutto e andiamo a cena in un ristorante convenzionato, e nel frattempo ci aggiorniamo a vicenda sugli ultimi sviluppi. Se oggi riusciamo a incontrarci è perché ha avuto un’offerta di lavoro migliore in città, e dal momento che il primo lavoro che aveva accettato le sembrava una mezza fregatura, ha deciso di tornare a Cairns. Io fra le altre cose le racconto delle mie nuove conoscenze, che poco dopo non mancano di raggiungerci, dotati addirittura di veicolo fresco di autonoleggio. Finiamo per passare una bellissima serata e ci diamo appuntamento l’indomani per vedere insieme l’eclissi. Come vi dicevo, di solito nei miei viaggi evito i connazionali, e se arrivo alla fine della giornata rendendomi conto che non ho detto neanche una parola di italiano, non posso che essere soddisfatta di me. Ma ammetto che esprimersi sempre in un’altra lingua è una cosa molto stancante, e a volte ho l’impressione che l’esercizio costante non renda le cose più semplici, piuttosto non fa che esaurirmi di più. Quanto è bello tornare a parlare nella propria lingua di tanto in tanto?

Ora, due parole su questa eclissi. Intanto, non ne sapevo nulla finché non ho visto cartoline commemorative a Port Douglas, quasi un mese prima dell’evento. Quando non si lavora è molto facile perdere la cognizione del tempo e il conto dei giorni, quindi pensavo che fosse già avvenuta. E invece no, la data non era ancora passata… beh, a Cairns ci dovevo andare, quindi perché non approfittarne e assistere al classico evento più unico che raro? Quand’è stata l’ultima eclissi di sole totale in Italia? Boh, chi se lo ricorda? Ergo occasione molto ghiotta. Il culmine dell’eclissi sarebbe stato alle 6.38 del 14 novembre, quindi l’appuntamento era con Luciana alle 5.30 all’ingresso dell’ostello e con Dino e Valentina a un’ora imprecisata sul lungomare. Lungomare affollato di gente a perdita d’occhio, che si guardi a nord o a sud. Uno spettacolo incredibile. Tutti seduti sul muretto con i piedi a penzoloni sull’acqua probabilmente infestata da meduse e coccodrilli; moltissimi sono dotati di occhiali oscurati per evitare il rischio di cecità, alcuni già con le magliette ricordo. Un elicottero della televisione passa a più riprese sulla baia, poco distante da noi un inviato terrestre intervista qualcuno dei presenti. Noi, al pensiero di essere ripresi per caso alle spalle dell’intervistato, mandiamo il saluto tipico dell’italiano in televisione: “Ciao, mamma!” Grande eccitazione, l’atmosfera è elettrica, sta per arrivare il momento… e arriva anche una nuvola che potrebbe lasciare all’ombra il Molise per giorni. Ogni tanto si apre e ci illude che forse riusciremo a vedere qualcosa, ma purtroppo questo è il massimo che gli elementi ci concedono.


Comunque suggestivo, vero? Vabbeh, il sole è tornato, e sentiamo tutti la necessità di un caffè. Anzi, ci meritiamo un vero espresso stamattina! Ci accomodiamo in un bar italiano il cui caffè è degno del nome che porta, e Dino e Valentina ci spiegano i piani per l’immediato futuro: fra poco più di un’ora partiranno alla volta dell’Eclipse Festival, circa 3 ore a nord di Cairns. “Per caso passate dall’aeroporto? Mi dareste mica un passaggio?” E anche questa è organizzata! Torno in ostello, raccolgo le mie cose e poco dopo i ragazzi mi fanno sapere che mi stanno aspettando all’ingresso. Mi pare di rivivere di nuovo la scena di poche ore prima quando ho salutato Luciana al mio arrivo a Cairns, ma ora il nostro è un abbraccio di congedo. Stavolta però sappiamo esattamente quando e dove ci rivedremo: “Fra un mese esatto a Byron Bay, vero?

Ed eccomi ancora una volta in aeroporto. Speravo proprio di non dover prendere aerei durante quest’anno, ma devo essere nella capitale del Northern Territory entro il 17, e Cairns-Darwin è una distanza troppo estesa da coprire in 3 giorni. Abbraccio i ragazzi, che hanno reso così piacevole questo segmento del mio viaggio, prometto a Dino che mi farò sentire quando sarò a Melbourne, e con Valentina non escludiamo la possibilità di incontrarci di nuovo in Italia. Dopotutto questo sembra essere davvero un piccolo mondo.

3.080 km



 Km totali percorsi: 23.530

2 commenti:

  1. Visto che alla fine esce sempre il sole? Cioè no, in questo caso no, che c'era l'eclissi... però il senso si è capito!

    RispondiElimina
  2. Fusinaaaa, altro che due settimane di pausa!
    Passerai un Natale al caldo?

    baci, ti pensiamo da una Milano gelida!

    RispondiElimina