Chi si
rivede! È passato un sacco di tempo, vero? E mi sa che molti avranno dubitato
della mia buona volontà, pensando che avrei lasciato perdere il blog. Chi mi
conosce bene però sa quanto odio non portare a termine quello che inizio, quindi ho deciso che
devo assolutamente mettere mano alle mie memorie e raccontarvi la fine della
storia. Preparatevi, che ci sono ancora un sacco di pagine da scrivere.
Facciamo un
veloce riepilogo delle ultime puntate. Camden Springs, non lontano da Canberra,
nella fattoria di Ric e Lexie, lo studente di italiano e la professoressa di
matematica. 1.200 pecore, 150 mucche e 3 cani. Se ricordate, delle pecore
abbiamo parlato due mesi fa. Oggi parliamo delle mucche.
Razza Angus
Aberdeen, destinate al macello. Sono divise in tre grandi gruppi: giovenche,
manzi (questi due sono i gruppi dei giovani), mucche adulte – e gravide.
Io, quando
penso alle mucche, penso a questa
o a questa
No no no. Le
mucche sono animali tremendi. Intanto, sono grosse. Sono timide, timidissime (non
tanto quanto le pecore, ma sono sulla buona strada), ma con la giusta
motivazione possono diventare estremamente minacciose. Su questo ci torneremo
dopo, però. Iniziamo con la normale routine di gestione dei bovini.
Circospezione e discrezione |
Uno dei primi
compiti in cui assisto Ric è lo spostamento degli animali. Funziona un po’ come
con le pecore, si accerchiano le mucche e si spingono nella direzione
desiderata. Quindi montiamo in sella al quad – io, Ric e Fred – e iniziamo a
spostare gli esemplari più giovani da un punto all’altro del pascolo. La meta è
il recinto in cortile, dove nel pomeriggio arriverà Corey, che di mestiere fa
lo station agent, un incrocio fra un veterinario e un piazzatore di animali:
pesa le bestie, aggiorna gli allevatori sui prezzi del mercato, mette in
contatto venditori e acquirenti, eccetera. Prima di tutto questo, però,
dobbiamo radunarle. Fred è ben felice di viaggiare sul quad a tutta velocità;
io un po’ meno. Non mi piacciono molto le moto. Per questo, quando Ric mi
chiede di saltare a terra per “spingere” le mucche, sono ben felice di
eseguire. Ci saranno 40 gradi, nell’erba alta potrebbero nascondersi serpenti e
Dio solo sa cos’altro, rischio di essere investita dalle mandrie, ma tutto
questo per me è molto meglio che essere costretta ad andare in moto.
Il mio lavoro
in realtà non è così terribile, e nel giro di un’oretta le giovenche sono al
loro posto; è ora di occuparsi dei maschietti. Ric mi assicura che i manzi sono
molto più semplici da spostare (soliti discorsi dei maschi che lavorano con le
donne: sono isteriche, sono mestruate, e via dicendo), quindi penso che nel
giro di mezz’ora ce la caviamo. Ultime parole famose: terrorizzati all’ennesima
potenza, i tapini fuggono in tutte le direzioni; perdiamo così tanto tempo che,
quando finalmente arriviamo al recinto, Corey è già lì che ci aspetta. Missione
del giorno: pesare gli animali. Maschi e femmine, sempre rigorosamente
separati, vengono spinti in diversi recinti – divide et impera, si applica
anche agli animali – e tramite cancelli e corridoi si fanno passare uno per uno
sulla bilancia, fornita e montata dallo station agent. Se qualche bestia fa la
timida, si persuade con dei grossi tubi di gomma usati a mo’ di bastone.
Vai avanti tu che mi viene da ridere |
State
(relativamente) tranquilli: tutto ciò non nuoce alla mucca. O meglio,
l’operazione è ovviamente un’infinita fonte di stress, ma gli animali non vengono
maltrattati in senso stretto. Hanno paura, fanno tanta cacca a destra e a
manca, ma non vengono maltrattati. Potrete pensare che sono senza cuore, che
anche solo far subire loro uno stress del genere è crudeltà. No. Non avete
ancora letto niente.
Facciamo un
salto in avanti nel tempo. Sono passati forse un paio di mesi dalla pesa di cui
sopra. Manzi e giovenche sono stati ricombinati nei pascoli a seconda del peso,
Ric si è fatto un’idea degli esemplari che vuole vendere. La sottoscritta ha
preso un po’ più di confidenza con le tecniche di mastering. Oggi dobbiamo di
nuovo spostare le vacche e portarle alla base per una nuova pesa. Anche
stavolta il grosso del lavoro lo fa Ric in sella al quad, io però sono stata
promossa alla guida del pick up, ovvero più che altro sosto con il mezzo agli
incroci per assicurarmi che i bovini non prendano la strada sbagliata. Dopo
pranzo mettiamo gli animali nel recinto, e procediamo a selezionare quelli
possono essere venduti, indirizzandoli nel corridoio per l’etichettatura. Per
la prima volta entro anche io nel recinto per aiutare Ric nella separazione dei
buoni e dei cattivi (fa molto Vangelo). Ecco come deve sentirsi il torero
nell’arena. Io sono armata solo di un tubo di plastica, però. D’altra parte,
loro sembrano quelli più spaventati, ma scommetto che se ci prendiamo
reciprocamente a calci farebbe più male a me. Uno dei torelli riesce
eroicamente a scappare, scavalca due staccionate e si ritrova a fare visita a
papino! E ora chi lo recupera…
Lasciamo perdere, pensiamo al da farsi. Il primo
bovino entra nel corridoio, pronto per farsi fare il piercing. Ancora una
volta, prima le femmine, poi i maschi. Non sembra un lavoro lungo: le
signorine, pur non essendo felici, lasciano fare con una certa indifferenza.
Ma, quando passiamo all’altro sesso, la carica drammatica dell’operazione
cresce esponenzialmente: muggiti di paura, testate a destra e a manca,
scrollate di spalle, impennate, e chi più ne ha più ne metta. Alcuni puntano i
piedi rifiutandosi di procedere, altri cercano di caricare la barriera e
sfuggire al loro destino. Dopo circa un paio d’ore, tanta polvere e un po’ di
sangue, anche questa è fatta.
Tutto bene?
Pensate che le povere bestie siano trattate male? Aspettate.
Come dicevo
all’inizio, oltre ai giovani esemplari, ci sono anche un centinaio di mucche in
attesa. I lieti eventi sono attesi per fine gennaio. E infatti, proprio nei
giorni e modi stabiliti dalla legge della natura, i vitellini iniziano a
spuntare come funghi. Ogni volta che facciamo un giro di ricognizione per
vedere come vanno le nascite, troviamo vitellini nuovi, alcuni nati solo da
poche ore, ancora sporchi di robaccia amniotica, che neppure riescono a
reggersi in piedi. Altri, quelli che hanno già qualche giorno, vanno appresso
alle mamme e ogni tanto si attaccano a mangiare.
Temo di fare la fine del cavallo |
Oltretutto i pischellini non sono ancora
spaventati dalla presenza umana, quindi o mi ignorano o mi prendono per il
culo, risalendo da una parte per poi scendendo dall’altra. Santo cielo che
fatica. Altrove, per ogni mucca che Ric riesce a muovere, 5 vitelli si danno alla
macchia. È come cercare di afferrare l’acqua.
Decidiamo di
prenderci una pausa, e nel tardo pomeriggio andiamo a recuperare i latitanti.
Ci incamminiamo col pick up e scopriamo che molte vacche sono tornate indietro
alla ricerca dei loro vitellini. Una, poverina, cerca ma non lo trova, e Ric
sospetta che il vitellino sia morto. Purtroppo ne troviamo uno annegato in uno
stagno. Proseguiamo con la perlustrazione, e quasi alla fine del giro ne
troviamo uno addormentato in mezzo al campo. Ric cerca di avvicinarsi di
soppiatto per afferrarlo e metterlo sul pick up, ma quello si sveglia e inizia
ad agitarsi. È solo con l’aiuto dei cani che riusciamo a circondarlo e
atterrarlo. Ric lo afferra per le zampe davanti, io dovrei prenderlo per le
zampe posteriori e quindi sollevarlo. Avete idea di quanto pesa uno di questi
cosi? E quanto scalciano? 40 kg di materiale instabile. Lui ha paura, ma io di
più. Proviamo a legarlo prima di
caricarlo in macchina, e nonostante le difficoltà, si rivela essere la strategia
vincente. Il salamino si agita e muggisce, ma non ce n’è: ti portiamo dalla
mamma, piccolo. Facciamo appena in tempo a entrare nel nuovo recinto, che lo
scalmanato si libera e salta giù dal pick up. E dietro a un tronco a terra
vediamo un altro orfanello. Con l’aiuto dei cani, Ric cerca di indirizzarli
verso il resto della mandria, ma se il primo prigioniero non vede l’ora di
andarsene e dimenticarsi di noi, l’altro non si lascia convincere così
facilmente. Non ho mai visto i suoi fratelli maggiori opporre molta resistenza,
ma questo addirittura carica i cani! Ric
mi chiede di placcarlo, ma io non ci penso neanche ad avvicinarmi! Quindi lo
blocca lui e lo mette sul pick up. Stavolta però niente corde: “Sali, siediti sopra il vitello e tienigli la
testa schiacciata.” Prego?? Faccio un timido tentativo, ma no, questa roba
è troppo hardcore per me. “Io guido. Tu
ti siedi sul vitellino.” Ed è con estrema fatica che li riportiamo a casa.
Una delle vacche sta evidentemente cercando il suo vitellino, dato che non
smette più di annusare i piccolini che le girano intorno.
Chissà se alla fine
ha trovato il suo. Io, che c’ho la lacrima facile, davanti a queste cose mi
commuovo. Ma le mie doti emotive sono ancora da mettere alla prova.
Prima di
tutto, un bello spavento. Ric e Lexie devono andare in città per qualche ora,
quindi Ric mi lascia i compiti da fare: liberare i cani, andare a controllare
che le mucche e i vitelli siano a posto, finire di interrare un tubo che corre
proprio nel pascolo dove attualmente sono stanziate le nostre mucche. Io, che
non c’ho tempo da perdere, prendo il quad (ormai sono una perfetta centaura!),
i cani, la vanga, faccio un giro di ricognizione e poi mi fermo al tubo. Per il
momento la maggior parte delle mucche sono divise in due grossi gruppi, e io
sono proprio nel mezzo. Ogni tanto una coppia madre-figlio si stacca da un
gruppo per unirsi all’altro, e quando mi passano accanto rallentano, mi
considerano per qualche minuto, quindi mi aggirano con cautela. C’è un’atmosfera
strana, tipo Gli Uccelli, ma meno bella. Mi rincuoro pensando che i cani dovrebbero tenere eventuali
malintenzionate alla larga. Finisco in quattro e quattr’otto il lavoro, monto
in moto e faccio per tornare a casa, quando accade. Le mucche iniziano ad
agitarsi, si alzano, vengono verso di me. Mi circondano. Io rallento, mi fermo.
I cani fanno i pirlotti in giro e mi urlano: “Ci vediamo su, eh!” Prego che perdano in fretta interesse nei miei
confronti e tornino a godersi il fresco, sotto l’albero. Invece continuano a controllarmi,
in silenzio. Il boss è una mucca guercia. Io tengo un occhio su di lei, l’altro
sul resto della mandria. Lentamente, cerco di prenderle alla larga e allontanarmi
sempre di più, ma se non sto attenta rischio di volare giù dalla scarpata.
Mi
domando, qualora dovessi veramente darmela a gambe, in quanto tempo il quad può
fare da 0 alla velocità massima. Non abbastanza per evitare una testata, temo.
Quindi proseguo piano piano, per gradi. Il tutto avviene in 5 minuti, ma
immaginerete che sembrano un’eternità. I cani in cima alla collina mi guardano
come per dire: “Beh, non vieni?” Metro
dopo metro riesco ad allontanarmi, ma quelle continuano a fissarmi, sento i
loro occhi sulla nuca. Ancora un tratto a rallentatore, e… via! Velocità
massima! Arrivo in cima alla collina con il cuore in gola e qualche capello
bianco in più, ne sono sicura. Ma le emozioni forti non sono ancora finite.
Dunque, si
fissa il giorno fatale e Ric contatta Bruce, un vicino di casa cowboy, che con
il suo cavallo ci aiuterà a portare mamme e figli al recinto in cortile per la
castrazione. Lo spostamento è uno stress per tutti, noi e loro, ed è quasi
mezzogiorno quando arriviamo a destinazione. Ora dobbiamo separare le mucche
dai vitelli. Io sono moooolto a disagio, c’è una cagnara tremenda, tutti che
urlano, le mamme non vogliono staccarsi dai piccoli; c’è pure una mucca mezza
matta che carica e salta, la numero 18. Con molta fatica e gran urto dei nervi,
le mucche rimangono chiuse fuori dal recinto e i vitellini sono dentro. E qui
inizia lo strazio. Le mucche restano tutto il tempo vicine al recinto, chiamando
i vitellini, che dall’altra parte piangono disperati, tremano, sono
spaventatissimi.
Abbiamo – hanno, ché io mi adeguo a quello che mi dicono di
fare – un’idea brillante: andare a pranzo e cominciare il lavoro vero e proprio
solo nel pomeriggio. Questo vuol dire che per tutta l’ora seguente le bestie
urlano e piangono e si stracciano le vesti. Se ci ripenso, non so come ho fatto
ad arrivare alla fine di quella giornata. Per adesso siamo solo a metà. È ora
di impugnare le forbici. Uno per uno, i vitellini vengono infilati nel solito
corridoio, Bruce controlla se sono maschi o femmine, e a seconda del sesso Ric
fa il piercing sull’orecchio destro o sinistro. Non vengono ancora etichettati,
ma si recide un pezzetto di cartilagine con un affare che funziona tipo la
macchinetta per fare i buchi ai fogli. Le femmine sono quindi libere di andare,
mentre i maschietti ricevono anche un elastichino lì; nel giro di un paio di
settimane ci saranno palline di vitello sparse per tutto il pascolo. E, 70
vitelli dopo, abbiamo finito. Si aprono i cancelli, e i nuclei familiari sono
ricomposti. Le mucche si coccolano i loro piccini, che hanno ancora tutto il
musetto rigato di lacrime. I poveretti si sono pianti l’anima.
La scena con le mucche che ti fissano dev'essere stata really scary. Poi vuoi mettere, un bovino da X tonnellate è decisamente più pericoloso di un gabbiano...
RispondiEliminaCmq scary anche la storia dell'elastichino! :-S
Piccoli.... Finalmente sei tornata a scrivere!! Letto post in metro e la gente mi guardava male perché ridevo da sola! ;-)
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